21 Marzo: Newroz col popolo curdo

Aggiornato il 03/05/18 at 04:36 pm


di Prof.ssa Ercolina Milanesi

Kurdi, il popolo senza patria. Il 21 marzo, in tutti i luoghi del mondo in cui sono sparpagliati, i Kurdi scendono in piazza a festeggiare il “Newroz”. Balli e canti come segno d’identità a ricordare quel “nuovo giorno” di 2400 anni fa in cui il fabbro Kawa l i liberò dal tiranno. Oggi i 30 milioni di Kurdi sono sotto il giogo dei despoti e la loro patria è occupata da Turchia, Iran, Siria , Armenia e Iraq (adesso col protettorato americano la situazione è più civile). Ed è per questi motivi che fuggono dalle loro case, per cercare fortuna in Occidente, rischiando la vita sulle sovraffollate carrette del mare o ai valichi di frontiera. In Germania i profughi di questo popolo sono un milione e duecentomila.
La presenza di osservatori europei alla festa del Newroz, simbolo da sempre per il popolo kurdo della sua aspirazione alla libertà e al riconoscimento dei propri diritti, è quest’anno particolarmente importante, poiché, sebbene sia da poco iniziato il negoziato per l’entrata della Turchia in Europa, la Questione Kurda, la cui pacifica soluzione è condicio sine qua non per un’evoluzione democratica della Turchia, è la grande assente nel dibattito politico e sui mezzi di informazione.
Il Kurdistan, paese dei kurdi, corrisponde all’alta Mesopotamia dove sorsero i primi villaggi del mondo occidentale. Occupa una vasta area montagnosa, 475 mila km. quadrati, divisa dalle frontiere politiche di Turchia, Iran, Iraq, Siria, ex-Urss. Il territorio è fertile, ricco di acque e di materie prime quali: gas naturali, petrolio, cromo, ferro, alluminio, carbone ed oro: è per questo motivo che nascono le guerre ed i conflitti.
I Kurdi non sono arabi, ma di lingua e di origine indoeuropea (ariani), discendono dai Medi. E’ un popolo diviso fra cinque stati, tre alfabeti, un idioma articolato in due principali gruppi linguistici.
Secondo alcune stime sono circa 30 milioni: 14 milioni in Turchia, 7 milioni in Iran, quattro milioni in Iraq, il rimanente in Siria, Armenia e sparsi per il mondo. Due milioni di immigrati curdi sono in Europa.
La situazione dei Kurdi è l’esempio più significativo di un gruppo divenuto una cultura minoritaria per avere perduto il suo territorio. I Kurdi sono un’antica popolazione la cui origine è rintracciabile nelle tribù nomadi del sesto secolo a.C. Il loro paese, il Kurdistan, fu il regno di questo gruppo etnico fino alla formazione dell’impero iraniano e, successivamente, dell’impero ottomano.
A seguito della prima guerra mondiale avviene lo sfascio dell’impero ottomano e le potenze europee dapprima, con il trattato di Sèvres del 1920, prevedono un Kurdistan indipendente ma poi, anche per l’intervento dell’appena costituita repubblica Turca, lo smembrano in cinque parti con il trattato di Losanna del 1923.
Il 22 gennaio 1946 a Mahabad, Qazi Mohammad, approfittando dell’attacco di Russia e Inghilterra all’Iran, proclama la repubblica Curda. Ma nell’aprile dello stesso anno, con il ritiro delle truppe russe, la repubblica viene annientata dall’esercito iraniano e Mohammad giustiziato.
Gli anni ottanta sono anni di terrore per i Kurdi di Iraq, Iran, Turchia.
Nell’Iraq di Saddam Hussein scompaiono almeno 250 mila persone mentre cinquemila villaggi e venti città vengono rasi al suolo. Milioni di mine vengono disseminate nel nord del Paese, abitato dai Kurdi, per impedire il rientro della popolazione costretta alla fuga: sono dislocate tre mine anti-uomo per persona.
Nel 1987 scatta l’Operazione Anfal, progetto di annientamento del popolo curdo con l’uso anche di armi chimiche. Nel 1981, ad Halabja, con una mistura di gas nervino e di iprite lanciata dagli aerei, muoiono cinquemila persone in 40 secondi. Bambini, vecchi, uomini e donne restano fulminati mentre giocano, fumano la pipa, lavorano o fanno i mestieri di casa.
In Iran, in misura ridotta, vengono adoperati gli stessi metodi. L’ayatollah Khomeini, nel 1979, scatena la guerra santa contro i Kurdi. A Vienna, nel 1989, vengono addirittura assassinati tre rappresentanti del movimento kurdo che dovevano negoziare con i diplomatici dell’Iran.
Nel 1991 alla fine della guerra del Golfo (invasione dell’Iraq in Kuwait) i Kurdi iracheni si riorganizzano e l’intervento dell’Onu, con la creazione di un’area di sicurezza, crea le basi per un precario autogoverno.
Il 19 marzo 2003 l’esercito americano-britannico invade l’Iraq e depone Saddam Hussein (1 maggio 2003). Con la presenza americana nel Paese, i Kurdi dell’Iraq hanno trovato una relativa tranquillità.
In Turchia non esistono i Kurdi che vengono chiamati turchi delle montagne, è vietato parlare il kurdo, vengono proibite le feste tradizionali come il Newroz, e si fa ricorso ad insediamenti turchi nel Kurdistan, Anatolia del sud-est, spingendo la popolazione locale ad andarsene.
Eppure il padre della Turchia moderna, Mustafà Kemal, era stato appoggiato strenuamente dai Kurdi nella guerra di indipendenza che lo avrebbe portato a deporre il sultano ed a proclamare la Repubblica Turca nel 1920. Ma solo dopo pochi anni, nel 1925, mette al bando ogni opposizione kurda e vieta gli usi e costumi tradizionali.
Dal 1984, prendendo a pretesto la guerriglia iniziata sulle montagne dal Partito dei Lavoratori Kurdo (PKK) la regione del Kurdistan turco, dove l’analfabetismo dei ragazzi raggiungeva il 50%, è stata sottoposta a regime militare: nei 13 anni successivi ci sono stati 30.000 morti, 3185 villaggi distrutti, quattro milioni di profughi solo all’interno della Turchia: un milione e mezzo alla periferia di Istanbul in immense baraccopoli dove, fino alle fine del secolo, era anche impedito l’intervento di associazioni umanitarie, sia internazionale (come medici senza frontiere), sia locali.
Per dare un’idea di quegli anni, ecco alcune estrapolazioni da un rapporto dell’associazione turca per i diritti umani che comprende i mesi gennaio-ottobre del 1997, dieci mesi.
DETENZIONE E CARCERAZIONE: 19835 arrestati in detenzione provvisoria, 1149 nuove detenzioni, 46 scomparsi durante la detenzione;
LIBERTÀ DI OPINIONE, DI STAMPA, DI ORGANIZZAZIONE: 142 chiusure di sedi, associazioni, sindacati ed organi di stampa; 281 detenzioni di giornalisti e tipografi; 221 sequestri di giornali e riviste.
BOMBARDAMENTI E DISTRUZIONI: 13 villaggi bruciati o distrutti, 98 località bombardate.
TORTURA: 211 denunce di casi di tortura.
Con l’inizio del nuovo secolo la repressione verso i Kurdi si allenta, sia per l’arresto e detenzione del leader kurdo Abdullah Ocalan (dal 15 febbraio 1999), sia per le aspirazioni della nazione ad entrare nella Unione Europea. Ma la questione kurda resta sempre il principale problema della Turchia sul versante diritti civili.

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