In Iraq «Tacciano le armi!»

Aggiornato il 02/08/21 at 09:49 pm

LA VOCE E IL TEMPO (di Marina Lomunno)—- 

Prima nazionale a Torino – Le storie e i volti dei profughi scacciati dalle loro case e massacrati dall’Isis nel reportage fotografico realizzato da tre professionisti torinesi nel Kurdistan Iracheno durante la storica visita di Papa Francesco per chiedere pace in quella terra di martiri – La presentazione nei giorni nei giorni scorsi al Sermig.

7 marzo 2021: Papa Francesco accolto all’aeroporto di Erbil, nel Kurdistan irakeno (foto Stefano Stranges)

Mentre proprio in queste settimane ricorre il settimo anniversario dell’espulsione dei cristiani di Mosul da parte dei jihadisti sunniti dello Stato Islamico, l’Isis ha rivendicato l’attentato di lunedì 19 luglio scorso – all’inizio della principale solennità del calendario musulmano, la Festa del Sacrificio – in un affollato mercato a Baghdad nel quale sono rimaste uccise oltre 35 persone, tra cui donne e bambini. In un messaggio l’Isis ha comunicato che la strage è stata compiuta da un attentatore suicida, Abu Hamza Al-Iraqi, che ha fatto esplodere la sua cintura esplosiva. Il bilancio, ancora provvisorio regista anche 50 feriti. Ritorna dunque l’incubo degli attentati in Iraq, dove il Papa, durante il suo storico viaggio del marzo scorso, aveva supplicato «Tacciano le armi».
Era il 17 luglio del 2014 quando lo Stato Islamico, con un editto, comunicava ai cristiani di Mosul che avrebbero potuto rimanere nelle loro case solo a due condizioni: convertirsi all’Islam o pagare la tassa per la religione imposta ai non musulmani. L’alternativa, lasciare la città. Le milizie del califfo Al Baghdadi avevano conquistato, un mese prima, Mosul e parte della Piana di Ninive, costringendo alla fuga verso il Kurdistan migliaia di cristiani.
Il califfo Abu Al Baghdadi, il 29 giugno 2014, aveva annunciato, dalla moschea di al-Nouri, la rinascita del Califfato e proclamato lo Stato islamico dell’Iraq e del Levante con Mosul capitale. Con il proclama si portava a termine la «pulizia» etnico-religiosa dei cristiani e delle altre minoranze dalla città. Da allora case, negozi e proprietà abbandonate dai cristiani furono segnate con la «N» di «Nasrani», i nazzareni, seguaci di Cristo. Anche le case degli Shabak e dei Turkmeni, minoranze sciite, vennero contrassegnate con la «R», «Rafidah» cioè «infedeli» perché non avevano riconosciuto l’autorità di Abu Bakr, suocero di Maometto e primo Califfo dopo la sua morte. Mentre fuggiva da Mosul, questa schiatta di perseguitati veniva fermata ai check in e depredata di tutto: l’Isis si accanì anche contro gli Yazidi, di etnia curda, vittime di un vero e proprio genocidio, stupri su donne, minorenni e violenze inaudite. Continua a leggere….