Aggiornato il 12/12/18 at 10:15 am
di Gianni Sartori) – Difficile, se non addirittura impossibile, seguire e documentare in maniera adeguata le decine, centinaia di efferati crimini di Stato che Ankara (su scala industriale) e Teheran (a livello più artigianale) vanno commettendo nei confronti del popolo curdo.
Riporto solo un paio di recenti episodi – di cui è giunta notizia in questi giorni (tra il 9 e il 10 dicembre) – per darne un modesto aggiornamento. Ma la lista – ovviamente – sarebbe molto più lunga.
REPRESSIONE DELLE PROTESTE PACIFICHE IN TURCHIA
A Diyarbakir (Bakur – Nord Kurdistan sotto amministrazione turca) 25 donne in sciopero della fame per la fine dell’isolamento carcerario di Ocalan, sono state arrestate. Con violenza, brutalmente (trascinate sul pavimento senza nemmeno il tempo di rimettersi le scarpe ai piedi…) nel corso di un’irruzione di unità speciali della polizia turca nella sede dell’HDP (Partito Democratico dei Popoli).
Preventivamente circondata da idranti e veicoli blindati, la sede dell’HDP è stata poi perquisita a fondo.
Le militanti curde avevano aderito all’appello del movimento delle donne TJA che chiedevano di solidarizzare con Leyla Guven, (co-presidente del Congresso Democratico della Società – DTK – e deputata HDP di Hakkari) rinchiusa nel carcere di Amed (Diyarbakir) e giunta ormai al 33° giorno di sciopero della fame.
Venticinque arresti, sempre di donne in sciopero della fame, si registrano anche nella sede dell’HDP di Batman (Êlih), città del Bakur spesso nella cronaca per la repressione governativa nei confronti della popolazione. Altre tre militanti sono state poi fermate nel corso di una retata.
Stando alle ultime notizie, le donne arrestate a Diyarbakir( tra loro anche Makbule, Madre per la Pace) continuerebbero lo sciopero all’interno del commissariato.
Pochi giorni prima veniva assaltata dalla polizia turca la sede dell’HDP di Urfa (una quarantina le persone arrestate, tra cui la deputata Ayse Surucu, Servet Kilic, Rojda Binici e Faruk Badilli) dove si era appena concluso un analogo sciopero della fame di tre giorni.
Anche in questa circostanza diverse persone sono state portate all’esterno dell’edificio trascinandole sul pavimento.
ALTRE ESECUZIONI EXTRAGIUDIZIALI IN IRAN
L’organizzazione per i diritti umani Hengaw ha denunciato che il 7 dicembre nella città di Bane (Rojhilat – Kurdistan orientale, sotto amministrazione iraniana) due cadaveri carbonizzati sono stati rinvenuti, mani e piedi legati, nel sedile posteriore di un’auto a cui era stato appiccato il fuoco. Si trattava del regista curdo Rahim Zabihi e del fratello Kaywan
Le modalità della loro uccisione ricordano quelle analoghe dell’assassinio della studentessa e dissidente curda Meryem Fereci il cui cadavere carbonizzato veniva ritrovato in luglio.
Come nel caso di Meryem è forte il sospetto che si sia trattato di esecuzioni extragiudiziali, in stile “squadroni della morte” latino-americani o spagnoli (Triple A, Gal…).
O magari (filo)britannici. Ma in questo caso il lavoro sporco veniva subappaltato ai “lealisti” (UVF, UFF…).
I maggiori sospetti calano sulle formazioni paramilitari iraniane come i Pasdaran (Guardiani della Rivoluzione). Alcuni testimoni avrebbero notato esponenti di tale organizzazione aggirarsi in prossimità dell’abitazione dei due curdi assassinati.
Attualmente Rahim Zabihi stava raccogliendo materiale per un documentario sui Kolber (facchini frontalieri delle zone di confine con l’Iraq) per denunciare le numerose esecuzioni extragiudiziali operate nei confronti di tali lavoratori curdi. Per questo suo impegno era stato convocato e minacciato dai Guardiani della Rivoluzione. Anche due giorni prima del ritrovamento dei due cadaveri.
In precedenza Rahim aveva realizzato alcuni film (“Hawar” e Welate Efsane”, questo prodotto dalla Mitosfilm berlinese) sempre assai critici nei confronti del regime.
Oltre a quello già citato di Meryem Fereci, un altro caso recente di eliminazione (tecnicamente: uccisione mirata) di attivista “scomodo” per il potere. Qualche giorno prima di Meryem, veniva ucciso da elementi legati al regime l’esponente della “Organizzazione per i Diritti Umani – Kurdistan” Iqbal Moradi. Dieci anni fa l’attivista – conosciuto sia come ex esponente di Komala, sia per il suo sostegno ai familiari dei prigionieri politici – era già scampato a un attentato, presumibilmente sempre opera dei Pasdaran.
Lascia un commento