Turchia, in manette la giornalista che difende i curdi

Aggiornato il 03/05/18 at 04:39 pm


di marta ottaviani

Frederike Geerdink, olandese e residente da tempo a Diyarbakir, la “capitale” morale del Kurdistan curdo, è stata arrestata al confine con l’Iraq. La sua storia testimonia l’ambigua politica di Erdogan nei confronti della minoranza curda e dell’Isis…… Nel sud-est turco ormai è guerra e dal conflitto non si salvano più nemmeno i giornalisti stranieri. A pochi giorni dall’arresto, e successiva liberazione di due giornalisti britannici di Vice News, sabato notte è finita in manette Frederike Geerdink, olandese e residente da tempo a Diyarbakir, la “capitale” morale del Kurdistan curdo. Stando al suo account Twitter dovrebbe essere interrogata oggi o domani. Al momento del suo arresto si trovava con un’organizzazione umanitaria a Yuksekova, nella provincia di Hakkari, vicino al confine con l’Iraq e nota per essere una delle zone più pericolosa della Turchia a causa dei continui scontri fra l’esercito di Ankara e il Pkk, il Partito dei lavoratori del Kurdistan, considerato gruppo terrorista da Europa e Stati Uniti.
Due arresti in pochi mesi
Non è la prima volta che Frederike ha problemi con la giustizia della Mezzaluna. Era già stata arrestata nel gennaio dello scorso anno con l’accusa di propaganda a organizzazione terrorista. I giudici l’avevano assolta nell’aprile scorso e dal quel momento Frederike aveva ripreso ad occuparsi a tempo pieno della questione curda, sua grande passione. Per questo motivo, quattro anni fa, aveva deciso di spostare la sua residenza da Istanbul a Diyarbakir e da quel momento ha documentato prima le varie fasi del negoziato fra stato turco e minoranza curda per la cessazione della lotta armata e ora, oltre al suo fallimento, la ripresa degli scontri violenti fra la polizia e la popolazione, che rischiano una pericolosa escalation in vista delle elezioni del prossimo primo novembre, quando il presidente della Repubblica, Recep Tayyip Erdogan cercherà di riprendere la maggioranza assoluta in parlamento, che al voto di giugno gli è scappata proprio a causa della forte affermazione dell’Hdp, il Partito curdo per il popolo democratico. Molto attiva sui social network, Frederike ha anche scritto un libro sul massacro di Uludere del 2011, che costò la vita a 34 civili curdi e sul quale non è mai stata fatta luce.
Situazione incandescente
Il clima interno è sempre più pericoloso, tanto che Selahattin Demirtas, leader dell’Hdp, ha detto più volte che non ci sono le condizioni per condurre in modo sereno la campagna elettorale. Il presidente Erdogan sa bene che quella del primo novembre è l’ultima occasione che ha per impadronirsi del potere assoluto. L’economia turca, fiore all’occhiello delle sue vittorie precedenti, sta frenando e nel Paese in molti iniziano a essere infastiditi dalla sua politica autoritaria e dalla gestione della crisi siriana. Per riconquistare i consensi persi, Erdogan sta facendo leva sulla lotta al terrorismo di matrice curda e islamica, anche se, in realtà, si sta concentrando praticamente solo sul primo, mentre continua una condotta a dire poco ambigua nei confronti dello Stati Islamico. L’inizio ufficiale delle ostilità è stato l’attentato dello scorso 20 luglio a Suruc, vicino al confine con la Siria quando 32 giovani curdi e aleviti sono morti in un attentato mentre cercavano di portare aiuto alla popolazione di Kobane, la cittadina divenuta il simbolo della resistenza curdo siriana a Isis. Il Pkk ha reagito molto violentemente alla notizia, dicendo che fra servizi segreti turchi e Stati Islamico non vi era differenza e che Ankara era il mandante morale dell’attacco.
La ripresa delle ostilità
Da quel momento non passa giorno senza che arrivino notizie di attentati, sparatorie o disordini nelle principali città curde. La guerra fra Stato turco e minoranza va avanti dagli Anni Ottanta e fino a questo momento è costata oltre 40mila morti. Nelle ultime ore sono stati uccisi almeno 15 soldati della Mezzaluna.
L’avvo dei negoziati faceva sperare in una nuova stagione di pace, ma la virata autoritaria portata avanti dal presidente Erdogan negli ultimi anni, fa purtroppo pensare a una ripresa delle ostilità ancora più pericolosa, che inizia a coinvolgere anche la popolazione.
fonte:la stampa

Lascia il primo commento

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*