Istanbul Film Festival, i premiati

Aggiornato il 03/05/18 at 04:34 pm


Domenica 15 aprile si è concluso il 31° Istanbul International Film Festival, uno dei principali Festival cinematografici che si svolgono in grandi aree urbane. La sua programmazione ha vantato quest’anno circa 220 lungometraggi, provenienti da una quarantina di Paesi, nel corso dei 16 giorni della sua durata………. Il Golden Tulip Award, quale miglior film della sezione Competizione Internazionale, attribuito dalla Giuria, presieduta dal regista turco Nuri Bilge Ceylan e comprendente anche i registi Brillante Mendoza e Corneliu Porumbuiu, è stato vinto da The Loneliest Planet, di Julia Loktev, degli Stati Uniti. Il film era stato presentato in première mondiale, in competizione, al Festival del Film di Locarno dell’agosto 2011.
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Il Golden Tulip Award e il Premio dei critici della Giuria della FIPRESCI, entrambi quale miglior film turco della sezione Competizione Nazionale, sono stati assegnati a Beyond the Hill (Tepenin ardi), di Emin Alper. Il film era stato presentato in première mondiale alla Berlinale del febbraio scorso, nella sezione Forum, e aveva vinto il Caligari Film Prize e la Menzione Speciale della Giuria per la Miglior Opera Prima.
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Gli altri Premi ai film turchi della Competizione Nazionale
Il Best Director Award è stato attribuito al noto regista quarantenne Zeki Demirkubuz, autore di Inside (Yeralti. Allo stesso film è andato il Premio al miglior direttore della fotografia (Türksoy Gölebeyi) e il Premio al miglior montaggio (lo stesso Demirkubuz). Il film, ispirato dal romanzo “Memorie dal sottosuolo” di Dostoevskij e da scritti di Nietzsche e Camus, offre il ritratto grottesco e disperato di un impiegato quarantenne di Ankara. Muharrem (Engin Günaydin, vincitore del Premio al miglior attore) non riesce a rapportarsi agli altri, persino agli amici, senza mostrare acredine e senza eccedere nelle recriminazioni. Demirkubuz costruisce un’intrigante atmosfera claustrofobica, con spunti sarcastici e allucinatori, mostrando la progressiva caduta del personaggio in un vortice autodistruttivo di frustrazione. L’uso dei close ups e le inquadrature negli huis clos sono eccellenti.

Il Premio Speciale della Giuria è stato vinto da The trace (Iz- Rêç), opera prima del trentenne Tayfur Aydin. Si tratta di un road movie drammatico. L’ottantenne Sêristan vive in un quartiere proletario di Istanbul. Sentendo avvicinarsi la fine della vita chiede al figlio Mirza di essere sepolta nel villaggio natio di Batman, in Kurdistan, da cui erano emigrati 20 anni prima. Durante il lungo viaggio in treno, accompagnata dal figlio e dal nipote, la vecchia muore. Mirza e Hêvî trascinano strenuamente la sua bara a piedi tra la neve. Solo alla fine Mirza rivela il segreto di sua madre: era armena, ma aveva dovuto cancellare la sua origine etnica a causa del timore di essere soppressa dai turchi. Ora può riposare accanto al marito nel vecchio cimitero armeno del villaggio abbandonato. La narrazione è piuttosto tradizionale, ma il senso di una terribile tragedia esistenziale emerge con autenticità e, a tratti, risulta emozionante.

Il Premio alla miglior sceneggiatura è stato assegnato a Orhan Eskiköy che, insieme a Zeynel Dogan, ha scritto e diretto Voice of my father (Babamin sesi). Il film era stato presentato in première mondiale, in competizione, all’International Film Festival di Rotterdam del gennaio scorso. Mehmet (lo stesso Dogan) è un trentenne che vive a Diyarbakir, la capitale del Kurdistan turco. Preoccupato per la condizione dell’ anziana madre Basê, che vive sola nel piccolo villaggio di Elbistan, si reca a trovarla. Nella vecchia casa natia Mehmet affronta un lungo confronto con sua madre per ricostruire l’identità e i segreti del padre deceduto. La vecchia donna è reticente e mostra interesse solo per la sorte di Hasan, il figlio maggiore che è lontano e combatte con i guerriglieri kurdi. A partire da una semplice quotidianità di gesti, il film sviluppa una sensibile ed emozionante meditazione poetica minimalista su una vicenda familiare e su un passato dolorosi. Ricostruisce la vicenda autobiografica dello stesso Dogan con una messa in scena scarna in sapiente equilibrio tra finzione e documentario.
Il Premio alla miglior attrice è stato attribuito a Sanem Öge, protagonista di Present tense (Simdiki zaman), opera prima della regista trentenne Belmin Söylemez: una produzione assolutamente indipendente presentata in anteprima mondiale. La vicenda si svolge a Istanbul durante una uggiosa primavera. Mina è una ventenne divorziata e disoccupata. Si installa in un appartamento in un vecchio stabile temporaneamente in disuso e lo rende accogliente, ma pesa la minaccia di essere scacciata. Sogna di emigrare negli Stati Uniti per iniziare una nuova vita, ma ha bisogno di una stabilizzazione lavorativa e di denaro per sperare di ottenere il visto. Riesce a farsi assumere come chiromante in un caffè del centro storico. Legge i fondi di caffè e indovina le problematiche esistenziali di donne giovani o mature, dimostrando acume psicologico. Nel corso del tempo sviluppa una controversa relazione di amicizia con Fazi, l’altra chiromante che lavora nel caffè. È un film minimalista che offre un ritratto sensibile e autentico delle problematiche esistenziali femminili nel quadro della solitudine urbana. Le eccellenti inquadrature in interni e una fotografia che sfrutta al meglio luce e penombra sono elementi di grande qualità
fonte:MYmovies
 

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