La storia di Simona in Kurdistan

Aggiornato il 03/05/18 at 04:34 pm


di Monia Saviol

Il gelato della mamma ravennate ha preso il Kurdistan per la golaavenna. Appartiene ad una ravennate il merito di aver esportato il gelato tradizionale italiano in Kurdistan. E non solo. Fedele alla sua terra d’origine…….. Simona Migani ha iniziato anche a cucinare cappelletti, tagliatelle e lasagne, inizialmente solo per esaudire le richieste di altri italiani che nella ‘New York’ del Kurdistan – la città di Sulaymaniyah, a circa 4 ore di auto dalla capitale Erbil in direzione sud est verso Bagdhad – lavorano. Ora le ordinazioni fioccano e non solo da parte di connazionali. Simona ha inaugurato con il marito di origini curde, il Coffee Shop e gelateria ‘Brivido Caldo’ il 18 novembre scorso. Una scelta coraggiosa che si innesta nel vortice di sviluppo che sta coinvolgendo l’intero Kurdistan e che offre opportunità di investimento importanti.

In pochi mesi Simona ha ammortizzato i costi affrontati per aprire l’attività tutta made in Italy, dalle materie prime (il caffè Segrafredo, i coni della lughese Proni, i vini della cantina Cevico) all’arredamento, ai macchinari.
«Tutto è italiano – spiega – e tutto è naturale. Nessun preparato chimico ma solo uova, zucchero, latte, farina».

Simona, prima di trasferirsi in Kurdistan nel novembre del 2010, lavorava per la Croce Rossa a Ravenna come autista di ambulanza. Ed è stato proprio tramite quel lavoro che 15i anni fa incontrò l’uomo che ne sarebbe divenuto il marito. Lui era appena arrivato dal Kurdistan come rifugiato politico insieme ad altri e Simona era incaricata di portare loro i pasti. Qualche anno dopo si sono sposati conservando le rispettive fedi religiose, lei cattolica, lui musulmano. Dall’unione sono nate due bambine, Zulika di quattro anni, e Soraya di sette.

«Ho deciso di lasciare la Croce Rossa per avere più tempo da dedicare alle mie figlie – spiega Simona. Ora però è quasi peggio. Siamo aperti dalle 8 del mattino a mezzanotte ed ogni giorno se ne vanno 6 chili di gelato. Senza contare il resto. In Kurdistan sono abituati al gelato soft delle macchinette. Non conoscevano il gelato tradizionale, i semifreddi o le torte gelato. Ed ora apprezzano anche i cannoli ed i bignè».
«Quando avevo 15 anni – ricorda – ho lavorato a Ravenna in una gelateria. Da allora mi è rimasta la passione». Il passo è stato breve. Dopo un corso di formazione, Simona ed il marito hanno venduto la casa italiana e si sono trasferiti in Kurdistan. E dopo un anno, servito per trovare spazi, organizzare ristrutturazione e acquisti, hanno aperto.

«Sembra ieri che ho aperto» confessa Simona. «La prima volta che sono venuta in Kurdistan per conoscere la famiglia di mio marito era il 2007. Mi sono sentita subito a casa». La nostalgia però è dietro l’angolo.
«Soraya ha iniziato le scuole qua, ha imparato subito il curdo ma non è convinta di poter vivere per sempre lontana da Ravenna. Le mancano le amiche, i nonni anche se li sentiamo tutti i giorni via Skype. Per questo stiamo considerando di affidare l’attività ad un gestore quando sarà avviata e di tornare a Ravenna nel periodo invernale per consentire alle bimbe di frequentare le scuole in Italia». Nel futuro c’è anche un un ristorante tutto italiano. «Al momento la difficoltà maggiore è la scarsa preparazione della mano d’opera. Per questo ho avviato una serie di colloqui via internet con ragazzi italiani disposti a fare la stagione estiva da noi. Offro vitto e alloggio e lo stipendio in base alla tariffe locali, vale a dire 500 dollari mensili. Non pensavo che qualcuno mi rispondesse considerata la cifra. Invece, mi hanno contattata in tanti».
Fonte:il Resto del Carlino
 

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