Kurdistan: hip-hop e rap per esporre l’ingiustizia sociale

Aggiornato il 03/05/18 at 04:34 pm


tradotto da Elena Intra

Hip-hop e rap fanno parte dei pochi generi musicali creati allo scopo di esporre l’ingiustizia sociale ed esprimere la frustrazione repressa. Data questa premessa, non sorprende affatto……. che tali generi, emersi con forza nel corso degli anni ’80 e ’90 negli Stati Uniti, stiano ora conquistando anche il Medio Oriente e i Paesi africani. Ancor più, va sottolineato come questo movimento musicale stia aiutando il popolo curdo a sensibilizzare l’opinione pubblica globale sulla terribile persecuzione di cui è vittima.
Dato che il Kurdistan è isolato dalla maggior parte del mondo, i musicisti più famosi tendono a emigrare in Paesi stranieri, mescolando così diverse e interessanti influenze musicali. Queste “emigrazioni” permettono di ottenere una testimonianza ancora autentica di coloro che hanno vissuto l’oppressione, ma che al contempo hanno scoperto un’esistenza migliore in Paesi che accettano il loro mestiere e ne apprezzano il messaggio.
Nel raro caso che qualcosa dall’interno del Kurdistan riesca a raggiungere il mondo esterno, le barriere linguistiche certamente non impediscono di trasmetterne comunque il messaggio. Questo in un certo si ricollega proprio a quell’atmosfera vibrante degli anni ’80 e ’90, perché tutto, dal ritmo ai versi, ne rivela una sfumatura cupa. Qualcosa che è facilmente riconoscibile e che lo rende un perfetto esempio del potere della musica nel superare confini inventati da noi stessi.
Artisti come Disaster e Aryan R2 ne sono esempi perfetti. Anche se le tecniche e lo stile usati sono simili a quanto già circola oggigiorno, ciò che è davvero unico è l’energia e la tensione che questi musicisti infondono nei loro pezzi. Alla fine comprendere il testo non è realmente necessario.
Quello che mi intriga di più, e ciò che reputo una ventata d’aria fresca, è come molti scelgano di comporre in lingua curda pur vivendo all’estero. Qualcuno potrebbe affermare che una tale scelta può ridurne drasticamente l’audience, il che è vero da un certo punto di vista — eppure ciò è un modo per tenere viva la loro cultura anche nella musica. E penso che sia un elemento assolutamente necessario, rispetto a quello che sta accadendo a chi vive in patria. Alla fine, questa musica è parte di ciò che mantiene lo spirito curdo vivo e forte, non importa dove la gente si trovi. Se ci fosse bisogno di ulteriori prove a conferma, basta vedere esempi come Siwan Erdal, Tolhildan, e Welat.
Quindi il mio consiglio è chiudere gli occhi e aprire la mente rispetto alla difficile situazione del Kurdistan.
fonte: Stampa

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