Turchia. Pace e Democrazia… alla maniera curda

Aggiornato il 03/05/18 at 04:37 pm


di Pietro Fiocchi

Intervista con Mustafa Avcı, leader di Istanbul del Bdp, quarto partito del Paese con 20 seggi al Parlamento di Ankara Ecco chi mancava all’appello: Pace e Democrazia (Bdp, www.bdp.org.tr), il partito dei curdi per i curdi. Alle elezioni del 2007 se la sono cavata con un 4 per cento circa, sono nel Parlamento di Ankara con 20 seggi. Vogliamo vederli da vicino, qualcuno sconsiglia, ma noi tiriamo dritti, facciamo il nostro lavoro. Chiediamo udienza al leader di Istanbul Mustafa Avcı. Nessun problema, siamo i benvenuti.
Lo abbiamo di fronte, ci presentiamo: siamo Rinascita, quotidiano di sinistra nazionale… nel frattempo, immancabilmente, ci viene servito del tè, offerto un cioccolatino. Bene, si comincia. E allora, chi siete voi del Bdp? Avcı inizia col fare chiarezza: “non siamo un partito curdo. Il sistema in Turchia ci costringe ad identificarci così”. Un richiamo al Dtp: ci dice che loro non sono al 100 per cento gli stessi, ma possono essere considerati un suo proseguimento. Un momento, il Dtp? Era il Partito della società democratica, fondato nel 2005, bandito nel 2009 da una sentenza della Corte costituzionale turca “per attività contro l’indivisibile unità dello Stato, del Paese e della nazione”. Il partito, si dice avesse relazioni dirette con i militanti del Pkk, quell’organizzazione che Turchia, Stati Uniti e Unione europea hanno bollato come terroristica. Insomma: inostri interlocutori hanno precedenti impegnativi… Il Dtp sarebbe stato chiuso per mettere militanti e simpatizzanti sotto pressione, ma loro, assicura Avci, tirano dritti verso l’obiettivo.
Andiamo avanti. Il rappresentante del Bdp ci dice che loro non sono un partito regionale, vogliono essere presenti e radicati in tutto il Paese. A ben vedere sono loro che si stanno dando da fare per trovare le soluzioni di cui ha bisogno la società in Turchia (attenzione: non la società turca). Lamenta che il sistema partitico è contro di loro, eppure vogliono portare la democrazia, rendere governo, Stato e cittadinanza più democratici. Tiene a precisare che il loro è un partito legale. Nessuno lo mette in dubbio. Però ci fa notare che quelle stesse leggi che li inquadrano nella legalità, non fanno il bene della società. Parla di una “guerra civile” che va avanti da trent’anni, provocata proprio da queste leggi, che in niente rappresentano la società curda (parla di 20 milioni di persone, cifra che altri contestano). Per le leggi sotto accusa sono tutti turchi, senza distinzioni. E loro rifiutano che venga rinnegata ogni altra nazionalità, eccetto quella turca. Trent’anni di “guerra civile”, ci dice, perché è negata l’esistenza dei curdi. Una scelta, dichiara, che la Turchia ha pagato caro. Per questo loro dicono che è ora di cambiare le cose se si vuole fermare la “guerra”.
Accenniamo alla promessa fatta dal premier Erdoğan: se l’Akp vincerà le elezioni del 2011, nuova Costituzione. Risponde subito che se si vuole fare una nuova Costituzione i cambiamenti devono essere suggeriti dalla gente, per cominciare. Poi ci sono il rispetto dei diritti umani, dei principi democratici e universali. Ancora lo stesso appunto: l’attuale Costituzione non contempla i curdi, così come i 26 emendamenti costituzionali, approvati con il referendum di domenica, non aggiungono niente di nuovo sulla faccenda. Per questo, ci spiega, si è rivelato necessario boicottare il voto. Che però, aggiungiamo noi, è stato in ogni caso un gran successo del governo. Avci ritorna sul fatto che il pacchetto Erdoğan non riconosce i curdi, assicura però che loro, il Bdp, vogliono che la “guerra” finisca, basta sangue, vogliono arrivare alla pace con gli strumenti della politica.
A proposito. Ci racconta, come fosse cosa sconvolgente, che i loro politici (Bdp) sono stati mandati in prigione a seguito di indagini fatte dalla polizia sul Kck (versione cittadina del Pkk, che invece opera dalle montagne). Questi politici finiti in carcere, deplora, non hanno sparato neanche un colpo. Circa 1700 persone, ci dice, sono state arrestate per il solo fatto di fare politica alla maniera democratica e pacifica del Bdp. “Noi – ci confida – non ci fidiamo di Erdoğan e del suo Akp”. Il premier, sostiene, dice che farà una nuova Costituzione, ma non credono che risolverà i loro problemi. Si dicono comunque pronti a sostenere qualsiasi progetto per democratizzare il Paese. E il discorso torna su Erdoğan, le sue promsse e la nuova costituzione: se è onesto, dice, deve abbassare lo sbarramento (oggi è al 10 per cento), un bell’ostacolo per loro. In Parlamento ci sono infatti arrivati grazie ad una coalizione con deputati eletti come indipendenti.
Ma cosa vogliono questi curdi? Avci ci risponde che non chiedono un’altra bandiera o uno Stato a sé. Vogliono solo vivere liberi, negli stessi confini nazionali, avere una democratica autonomia. Dopotutto, insiste sui numeri, sono 20 milioni di persone. Poi aggiunge: autonomia per tutti, per le 25 regioni del Paese, non solo per i curdi, non solo per Van, Diyarbakir o Hakkari. Ankara dovrebbe dividere i suoi compiti con i governi locali.
Passiamo all’onnipresente Atatürk, colui che per primo ha affermato ed imposto il principio: “siamo tutti turchi”. Cosa ci dicono? “Sentiamo la mancanza di quelle prospettive indicate da Mustafa Kemal tra il 1920 e il 1924”, ma “non si può governare il Paese con le idee da lui propinate a partire dal 1924”. Non dicono che a partire da quella data Atatürk li abbia traditi, il fatto è che era circondato da cattivi consiglieri. Una nota: nel 1921 e per i tre anni successivi, i curdi avevano una loro rappresentanza nel Parlamento di Ankara. Poi le cose sono cambiate: la costituzione del 1924 ha tolto loro questo diritto.
Una curiosità, considerate le voci messe in giro e le dichiarazioni fatteci da nostri precedenti interlocutori: i soldi da chi li prendono? Qualche Paese straniero? Magari gli Stati Uniti, sempre pronti e generosi… Avci non dà soddisfazione alla nostra malizia: dice che non hanno il sostegno finanziario né alcun tipo di donazione o aiutino da chicchessia, né Washington né Bruxelles. C’è di pi: non prendono neanche i finanziamenti pubblici previsti per i partiti rappresentati in Parlamento. Akp, Chp e Mhp hanno fatto in modo di spartirsi loro il tesoro e lasciare a mani vuote gli ultimi arrivati. Eppure 2 milioni di voti li hanno presi, tutti esclusivamente dall’elettorato curdo (in tutto circa 10 milioni).
Veniamo alle domande scomode… Rapporti Bdp-Pkk? Nient affatto: sono due cose diverse. Il Pkk é illegale, loro, sottolinea, sono legali, sono un partito politico. Ma aggiunge… “il Pkk chiede la pace, è forse un problema? La pace è cosa universale”. Poi: “non abbiamo relazioni formali con il Pkk. Io non sono andato sulle montagne (Kandil). Faccio il politico”..
E le forze armate? Ci interessa sapere se in tutta la faccenda hanno un ruolo diretto, se fanno ostruzionismo alle loro ambizioni. La risposta non ci sorprende: “le forze armate governano ancora questo Paese”. Lamenta una marcata propensione dei generali turchi a fare commenti sulle vicende politiche. Comunque ci tiene a scandire che “le forze armate non possono sconfiggere il Pkk con le armi”. E poi una dichiarazione che ci illumina: “qualcuno nelle forze armate, nel Pkk e tra i deputati trae beneficio dalla guerra”. Per quanto riguarda loro, il Bdp dice continuamente a quelli del Pkk di deporre le armi. Ma sono terroristi o no? “Il Pkk non è un’organizzazione terroristica, è un’organizzazione politica illegale”. Chiaro.
E Abdullah Öcallan? Terrorista o liberatore? Rifiuta la definizione di terrorista e ci dice che lo stesso Stato potrebbe giovare dell’influenza di Öcallan sul Pkk. Poi ammonisce: “se Öcallan non viene liberato, la questione curda non sarà risolta”.
Fonte:Rinascita Quotidiano p.fiocchi@rinascita.eu
 

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