
Aggiornato il 17/06/25 at 04:11 pm
di Hussamattin TURAN ………..L’approfondirsi delle crisi interne della Repubblica Islamica dell’Iran e la possibilità di un suo crollo non implicherebbero soltanto la dissoluzione del sistema politico centrato a Teheran, ma comporterebbero anche lo smantellamento delle reti di influenza, delle alleanze ideologiche e delle zone d’interesse geopolitico costruite dall’Iran in Medio Oriente negli ultimi quarant’anni. In questo contesto, una delle aree maggiormente influenzate sarebbe senza dubbio l’Iraq, dove il sistema politico e militare è stato in larga misura modellato secondo gli interessi strategici di Teheran.
Dopo la caduta del regime di Saddam Hussein nel 2003, l’architettura politica irachena si è sviluppata principalmente sotto l’egida iraniana. I partiti politici sciiti hanno consolidato il potere con l’appoggio della Forza Quds dei Guardiani della Rivoluzione, mentre gruppi paramilitari come le Forze di Mobilitazione Popolare (Hashd al-Shaabi) hanno garantito il controllo militare e amministrativo del territorio. Questo sistema può essere definito come un modello di “stato per procura”, che ha permesso all’Iran di esercitare un’influenza diretta sul vicino occidentale.
Nel caso in cui il regime iraniano dovesse crollare o subire una trasformazione radicale, tale sistema di deleghe perderebbe la propria sostenibilità. Le strutture miliziane sciite e le élite politiche legate a Teheran si troverebbero in crisi di legittimità e capacità operativa. Una simile eventualità aprirebbe nuovi spazi di manovra ad attori etno-politici alternativi, soprattutto in un periodo di ristrutturazione dell’ordine statale iracheno.
In questo scenario, la questione curda assumerebbe una rinnovata centralità. Le regioni contese come Kirkuk, Khanaqin, Shengal (Sinjar), Makhmour e altre potrebbero ritornare al centro del dibattito politico. Kirkuk, in particolare, rappresenta non solo una risorsa energetica strategica, ma anche un simbolo storico nella memoria collettiva curda. L’intervento delle milizie sciite sostenute dall’Iran nel 2017 aveva posto fine al controllo de facto esercitato dal Governo Regionale del Kurdistan su Kirkuk. Tuttavia, la perdita dell’influenza iraniana potrebbe rafforzare le legittime rivendicazioni curde su tale territorio.
Anche aree come Khanaqin, dove i curdi costituiscono la maggioranza demografica ma che restano sotto l’amministrazione del governo centrale, potrebbero essere oggetto di soluzioni basate sulla volontà popolare. Shengal (Sinjar), invece, riveste un ruolo cruciale per la popolazione ezida, sia in termini di sicurezza e identità, sia per le richieste di autogestione. La presenza di milizie legate all’Iran ha ostacolato per anni i processi di autodeterminazione degli ezidi e impedito lo sviluppo di modelli alternativi di governance. Il venir meno di tale influenza aprirebbe la strada all’affermazione di rappresentanze legittime.
Il crollo del regime iraniano non si limiterebbe dunque a destabilizzare gli equilibri geopolitici della regione, ma inciderebbe profondamente sulla stabilità politica irachena e sulle dinamiche transfrontaliere dell’identità. Tali sviluppi renderebbero più visibili e politicamente praticabili le rivendicazioni storiche dei curdi sui territori loro sottratti. L’indebolimento dell’Iran consentirebbe l’apertura verso un nuovo assetto territoriale fondato su realtà storiche, culturali e demografiche concrete. In tal modo, la questione nazionale curda potrebbe trovare spazio al centro di un nuovo modello regionale basato su soluzioni identitarie, democratiche e pluralistiche.