Siria: escalation a Nord-Est tra ISIS e forze curde, circa 80 vittime

Aggiornato il 24/01/22 at 09:35 pm

Sicurezza Internazionale —— Per il terzo giorno consecutivo, sono continuati gli scontri tra le Syrian Democratic Forces (SDF) e i militanti jihadisti dello Stato Islamico presso Ghayran, nel Nord-Est della Siria. Nel frattempo, il bilancio complessivo delle vittime dall’attacco del 20 gennaio contro una prigione locale è salito a 78 morti.

A riferirlo, oggi, sabato 22 gennaio, è stato l’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani (SOHR), centro di monitoraggio con sede a Londra, con riferimento all’attacco della sera del 20 gennaio, perpetrato dall’ISIS contro la prigione gestita dai curdi di Ghwayran, ad al-Hasakah, nel Nord-Est della Siria. In particolare, un’autobomba ha colpito l’ingresso della prigione mentre una seconda esplosione è avvenuta nelle vicinanze prima che i militanti dell’ISIS attaccassero le forze di sicurezza curde che presidiavano la struttura. L’obiettivo, a detta dell’organizzazione terroristica, era la liberazione di prigionieri ad essa affiliati. Non è chiaro il numero dei militanti che sono riusciti a scappare da Ghwayran, una delle più grandi strutture che ospita all’incirca 3.500 presunti combattenti dell’ISIS, alcuni dei quali ritenuti essere tra i più pericolosi. Ad ogni modo, quello del 20 gennaio è stato uno dei maggiori attacchi attribuiti allo Stato Islamico dalla sconfitta del “califfato”, risalente a circa tre anni fa.

All’attacco hanno fatto seguito scontri sul campo e bombardamenti condotti dalla coalizione internazionale anti-ISIS guidata dagli Stati Uniti, volti a sostenere le Forze Democratiche Siriane nel far fronte all’evasione di prigionieri. Nella giornata del 21 gennaio, le forze curde hanno provato a riprendere il controllo della parte settentrionale del centro di detenzione, mentre hanno condotto attacchi nel vicino quartiere di Zuhour, dove si erano rintanati i combattenti dell’ISIS, in concomitanza con i raid aerei della coalizione. Il bilancio registrato dal SOHR, pari, sino ad ora, a 78 morti, comprende membri dell’organizzazione terroristica, civili, forze di sicurezza e guardie carcerarie, ma la cifra è destinata a salire a causa del gran numero di feriti in gravi condizioni. Nel frattempo, a detta del medesimo centro di monitoraggio, gli scontri continuano, mentre, al momento, la prigione di Ghwayran risulta essere sotto il controllo dei militanti jihadisti. Dal canto loro, le SDF e le Forze di sicurezza interna, altresì note come Asayish, hanno posto sotto assedio i cancelli della prigione per evitare la fuga di altri detenuti, dopo aver catturato circa 110 prigionieri in fuga. Anche nella giornata del 22 gennaio le forze curde hanno continuato a condurre operazioni di sicurezza nella città di Hasakah e nel perimetro della prigione di Ghwayran.

Le SDF sono un’alleanza multi-etnica e multi-religiosa, composta da curdi, arabi, turkmeni, armeni e ceceni. Erano state proprio queste ad annunciare la fine del califfato jihadista autoproclamatosi il 29 giugno 2014, dopo aver svolto, sin dalla loro formazione, il 10 ottobre 2015, un ruolo fondamentale nella lotta contro lo Stato Islamico in Siria, grazie anche al sostegno degli Stati Uniti, che forniscono armi e copertura aerea. Ad oggi, circa il 25,64% della Siria è controllato dalle Syrian Democratic Forces, la cui influenza si estende soprattutto su Deir Ezzor, Raqqa, al-Hasakah e su alcune zone di Aleppo, tra cui Tell Rifaat.

La fine del califfato islamico in Siria si fa risalire al 23 marzo 2019, data in cui le SDF hanno annunciato ufficialmente la conquista dell’ultima enclave posta sotto il controllo dell’ISIS, Baghouz, nell’Est della Siria. Tuttavia, come sottolineato altresì nel Country Reports on Terrorism 2020, elaborato dal Dipartimento di Stato degli USA, lo Stato Islamico, sia in Siria sia in Iraq, continua a preservare una “presenza attiva”, oltre che una “insorgenza di basso livello”. Nella prima metà del 2020, in entrambi i Paesi è stato registrato un aumento nel numero di attacchi perpetrati dall’organizzazione terroristica. In Siria, nel corso del 2020, attacchi, bombardamenti e imboscate hanno riguardato soprattutto l’area dell’Eufrate occidentale, della valle di Deir Ezzor, oltre a Raqqa, Homs e As-Suwayda, e tra i principali obiettivi vi sono state le Syrian Democratic Forces.

Al contempo, il Country Report on Terrorism include la Siria tra gli Stati sponsor del terrorismo, una designazione acquisita nel 1979, ed evidenzia come il governo di Damasco continui a fornire armi e sostegno a diversi gruppi terroristici, tra cui Hezbollah, consentendone il riarmo anche da parte dell’Iran. Il regime siriano, afferma il Dipartimento di Stato, anche nel corso del 2020 ha continuato ad avere forti legami sia con Teheran sia con Hezbollah. Il Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (IRGC) rimane presente e attivo in Siria, con l’autorizzazione del presidente Bashar al-Assad, il quale dipende sempre di più da attori esterni per salvaguardare i propri territori dai nemici stranieri. Non da ultimo, gruppi filoiraniani basati in Iraq continuano a recarsi in Siria, ponendosi a fianco dell’esercito damasceno.

Non da ultimo, il governo siriano, negli ultimi venti anni, sembra aver avuto un atteggiamento “permissivo” nei confronti di organizzazioni terroristiche quali al-Qaeda e l’ISIS, consentendo loro di proliferare. Secondo gli USA, poi, Damasco ha spesso impiegato leggi antiterrorismo e tribunali speciali antiterrorismo per detenere i manifestanti, oppositori del regime, oltre a difensori dei diritti umani e operatori umanitari, con il pretesto di combattere il terrorismo. Tuttavia, il governo stesso continua ad autodefinirsi una vittima del terrorismo. I “terroristi”, per il governo di Assad, sarebbero i membri dell’opposizione armata interna.

Fonte: https://sicurezzainternazionale.luiss.it/2022/01/22/siria-escalation-nord-est-isis-forze-curde-circa-80-vittime/