Curdi, la storia di Ebem: l’asilo politico dopo una vita di persecuzioni e decenni di incarcerazioni tra Turchia e Italia

Aggiornato il 10/01/22 at 09:53 am

Mondo Solidale — – La “questione curda” è un susseguirsi infinito di persecuzioni e diritti negati. Due parole che racchiudono la storia di un popolo definito “al confine”: un popolo anima di un territorio tra i più ricchi al mondo, frazionato tra Siria, Turchia, Iran e Iraq. Stati appropriatisi indebitamente non solo di un luogo ma anche della libertà e dell’identità di decine di milioni di vite cui è stata negata una patria. Questa è anche la storia di Ebem Hasan Huseyin, attivista curdo nato in un piccolo villaggio chiamato Sirt-Bayran, giunto in Europa dopo decenni di persecuzioni ed ingiuste incarcerazioni patite in Turchia, e finito beffardamente in carcere anche nel Paese dove cercava giustizia, protezione, serenità: l’Italia. Costretto ad uno sfiancante iter legale, ancora tutt’altro che concluso, per vedersi riconosciuta la libertà e, nondimeno, lo status di rifugiato politico che, finalmente, in questi giorni ha ricevuto.

Le battaglie per la libertà del popolo curdo. Oggi ospite del progetto d’accoglienza “Safia Amajan” di Galatina, gestito da Arci Lecce Solidarietà, Ebem ha 60 anni. La sua infanzia, in una famiglia con due fratelli e tre sorelle, è già segnata da ricordi di morte e di guerra. All’età di soli 10 anni i suoi occhi assistono all’uccisione per pena di morte dei giovani rivoluzionari Deniz Gezmi?, Yusuf Aslan e Hüseyin Inan: sono gli anni del cosiddetto “Colpo di stato del memorandum”, che nel 1971 traccia una scia di sangue lungo la Turchia. In una gioventù segnata dagli eventi e dalla povertà, germogliano in lui le idee rivoluzionarie. Prende parte, da adolescente, alle prime battaglie per l’indipendenza e la libertà del popolo curdo. “I miei sogni e i miei progetti per il futuro”, ricorda, “cambiavano man mano che avevo coscienza delle condizioni e situazioni che i curdi vivevano quotidianamente. Ho iniziato in quel periodo a sognare il riconoscimento internazionale dell’indipendenza del popolo curdo, che, da quel momento, è diventato il mio obiettivo di vita e la mia ragione di lotta”.

Il primo arresto: aveva 40 copie di una rivista. Il 10 gennaio del 1980 viene arrestato per la prima volta, reo di avere con sé 40 copie di una rivista politica: viene condannato ad otto anni, ne trascorre quattro e mezzo in carcere. Dalla cella apprende del nuovo colpo di stato, quello del 1980 che portò all’arresto ed alla tortura di centinaia di migliaia di persone, sia dell’ala conservatrice che dell’ala progressista. Torture che furono patite anche da tutti coloro che erano già detenuti. “Trattamenti disumani che ci venivano inflitti per ottenere l’asservimento, la perdita della dignità e la rinuncia alle nostre idee rivoluzionarie”, racconta. “Migliaia di persone scomparvero, finirono nelle liste nere, furono condannate a morte. Ricordo una delle vittime, impiccata a soli 17 anni”.

Quei 12 anni di prigione in Turchia. Sotto il controllo di uno Stato, quello turco, che continua ad ignorare il popolo curdo, impedendogli di vivere una vita normale e di mantenere la propria lingua ed identità, migliaia di persone iniziano ad organizzarsi per combattere questa ingiustizia. Nel 1984 Ebem viene costretto ad un anno e mezzo di servizio militare. Nel 1989 inizia a lavorare come agente pubblicitario per la rivista “Özgür halk” (“Il popolo libero”), fondata a Diyerbakir. Lavoro che gli costa, pochi mesi dopo, l’arresto per propaganda. Dopo 7 mesi di prigionia, torna ad essere perseguitato nel 1992. Il governo lo ricerca con l’accusa di esser parte del PKK, il partito dei lavoratori del Kurdistan. La pena questa volta è un macigno: 17 anni e mezzo: ne sconta 12 in prigione. Ma non piega la testa e nel 2003, appena rilasciato, riprende la lotta.

Il nuovo arresto nel 2009. “Nel marzo del 2006 scoppiarono delle pesanti rivolte tra i membri del PKK e le forze di sicurezza turche, nei pressi di Diyarbakir. La Turchia utilizzò armi chimiche contro i curdi combattenti sulle montagne. Il funerale organizzato a Diyarbakir per sei vittime fu interrotto dal governo turco e i partecipanti arrestati. Fui arrestato anch’io e quando, 9 mesi dopo, uscii dal carcere il mio processo era ancora in corso”. La sua lotta in campo legale e politico continua e quando, nel 2009, il partito democratico a favore della causa curda, il DTP, viene bandito dalla Corte costituzionale dopo aver guadagnato la maggioranza dei voti nell’area sudorientale del Paese, Ebem è di nuovo tra gli arrestati. “Restai in attesa di giudizio per 5 anni. Nel 2014 fui rilasciato sebbene il processo fosse ancora in corso. Mi avevano condannato a 9 anni. Dopo aver trascorso 20 anni della mia vita in prigione, ormai senza più energie vitali, ero costretto a lasciare il mio Paese. Attraversai la frontiera europea nel 2019 ed iniziai la mia vita da rifugiato”.

L’ingresso in Europa con documenti falsi. Per entrare in Europa è costretto a procurarsi dei documenti con una falsa identità. Per questo motivo in Italia viene condannato ancora: un anno e mezzo di reclusione. Trascorre due mesi in carcere e, grazie al supporto legale della cooperativa sociale Arci Lecce Solidarietà, per i seguenti due viene trasferito ai domiciliari con braccialetto elettronico. Alla soglia dei 60 anni entra in un progetto d’accoglienza SAI per rifugiati e comincia la sua ennesima battaglia legale: sia per il riconoscimento dello status di rifugiato che per opporsi all’estradizione pretesa dalla Turchia. Il tribunale di Lecce che lo ascolta prende tempo e si oppone. Poi, nell’attesa della pronuncia della Corte d’Appello, una luce in fondo al tunnel: in questi giorni, la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, che ha analizzato la sua storia, gli notifica lo status di rifugiato.

È un barlume di giustizia in una vita negata. Un riflesso di un’anima che da sempre brucia d’amore per la sua patria cancellata e che, di certo, dall’Italia, continuerà a far sentire la sua voce per la battaglia del suo popolo, per una libertà ancora lunga da venire. Ebem è anche uno scrittore, un poeta. Al buio ed al freddo degli anni trascorsi in cella ha risposto con versi ispirati da momenti della sua vita. Qui di seguito uno di questi.

HO CERCATO, di Ebem Hasan Huseyin

“Ho cercato

Con la tua immagine confusa nei ricordi

Te che mi riempi gli occhi con l’arcobaleno

Abbi cura di me sotto i muri crollati

Da quando ti ho perso tra la folla

Ti ho sempre cercato

Mio solo unico amore”

 

Fonte: https://www.repubblica.it/solidarieta/diritti-umani/2022/01/07/news/curdi_la_storia_di_ebem_l_asilo_politico_dopo_una_vita_di_persecuzioni_e_decenni_di_incarcerazioni_tra_turchia_e_italia-332976848/