CURDI IN ROJHILAT: TRA REPRESSIONE E PATRIARCATO

Aggiornato il 28/07/21 at 11:51 am

di Gianni Sartori — Ci devo tornare su, ma niente di personale. Con la Repubblica dell’Iran intendo.

Lo so, lo so. Teheran sostiene i palestinesi (ma se è per questo anche la Turchia – a modo suo – li sostiene). Si oppone – anche lei a modo suo  – all’imperialismo e quindi – almeno per i compagni “campisti” – svolge un ruolo non indifferente nel contrastare l’invadenza statunitense in Medio oriente.

Vero, ma – come posso dirlo? –  andatelo a spiegare ai curdi, cazzo.

Oltre a costituire loro malgrado (e calcolando solo quelle “legali”, dopo un “regolare” processo) la popolazione con il maggior numero di condanne a morte emesse al mondo (anche di donne che si sono ribellate alla violenza maschile), i curdi del Rojhilat subiscono da Teheran ogni genere di angherie e persecuzioni.

Una miriade di inquietanti episodi.

Magari, presi uno per uno, niente di stratosferico, ma – sommati e contestualizzati – siamo se non già al genocidio strisciante, perlomeno ai preliminari.

Restando solo agli ultimi giorni, nel distretto di Baneh un altro kolbar (“spallone”) curdo – Fereydun Salehi de Bokan – è stato ammazzato dalle forze di sicurezza iraniane.

Altri dodici suoi colleghi sono rimasti feriti, più o meno gravemente.

Centinaia di abitanti della zona sono scesi in piazza per protestare contro l’ennesima aggressione (secondo il sito “Kolbernews” il gruppo sarebbe stato attaccato proditoriamente) nei confronti di questi lavoratori che per sopravvivere si dedicano al trasporto di merci di ogni genere sulla frontiera di Hengejal (tra il Kurdistan “iraniano” e il Kurdistan “iracheno”).

Altra vittima curda proveniente dal Rojhilat nelle acque dell’isola di Creta. In questo caso, alla miseria e all’oppressione voleva sfuggire emigrando. Stando a quanto dichiara l’organizzazione per i diritti umani Hengaw, la giovane curda Monira Heydari sarebbe annegata a causa del naufragio del battello con cui, insieme ad altri richiedenti asilo, tentava di raggiungere la Grecia.  Originaria di Zardoei, un villaggio vicino alla città di Paveh, negli ultimi anni si era trasferita a Kermanshah.

Rientra invece a pieno titolo nel capitolo “femminicidio” il duplice assassinio a Sine (sempre in Rojhilat) di due sorelle per mano del marito di una di loro.