La lettera di Ocalan dal carcere

Aggiornato il 27/05/19 at 12:00 pm

Redazione Nena News “Compagni e compagne, invito tutte le amiche e gli amici che sono in sciopero della fame e in digiuno fino alla morte a mettere fine alla loro azione. Posso dire con certezza che lo scopo della loro azione rivolto alla persona ha raggiunto il suo obiettivo. Con questo voglio esprimervi il mio amore e la mia gratitudine. Spero che anche in futuro mi accompagnerete sulla nostra strada con la necessaria intensità e la necessaria volontà”.

Con queste parole il leader del Pkk Abdullah Ocalan, dall’isola-prigione di Imrali, si è rivolto alle migliaia di persone – prigionieri politici e attivisti, in Turchia e in Europa – che in questi mesi hanno digiunato senza soluzione di continuità come forma estrema di protesta per l’isolamento che le autorità turche gli impongono da anni.

All’inizio di maggio Ocalan aveva finalmente potuto incontrare i suoi legali. In quell’occasione aveva già inviato un messaggio ai suoi sostenitori e al popolo curdo, dove era già chiara la sua posizione in merito agli scioperi della fame: pur ringraziando per la protesta, dura e lunghissima, iniziata lo scorso novembre con la deputata dell’Hdp Leyla Guven, chiedeva a tutti di non mettere in pericolo le proprie vite.

Un nuovo incontro tra Apo e i suoi legali si è svolto il 22 maggio: a loro Ocalan ha consegnato la lettera che ieri è stata resa nota in una conferenza stampa. “Come in occasione dell’incontro precedente – hanno spiegato gli avvocati, secondo quanto riportato da Anf, nota tradotta da Rete Kurdistan – Ocalan ha ricordato che il permesso di svolgere questi incontri non significa che si sia in presenza di un processo negoziale. Ha detto che i messaggi sono rivolti a tutti i democratici, alle strutture politiche di varie aree in Turchia, e allo Stato turco. […] Ocalan ha detto che se gli verrà data l’opportunità, svolgerà un ruolo positivo per le questioni in Siria, compresa la questione curda, nell’ambito dell’integrità territoriale della Siria. Ha sottolineato che le sue idee e suggerimenti per una soluzione risolverebbero i problemi in Siria e che i diritti fondamentali dei curdi e di altre comunità devono essere garantiti costituzionalmente”.

La protesta, iniziata a Diyarbakir in prigione e proseguita fuori, allargandosi all’Europa con iniziative pressoché ovunque (da Strasburgo con lo sciopero di ben 14 attivisti, fino a Roma con il digiuno di Erol, cominciato nel Centro culturale Ararat lo scorso 21 marzo in occasione del Newroz), ha avuto al centro una richiesta precisa: la fine dell’isolamento del leader del Pkk e, per dichiarata estensione degli scioperanti, la fine dell’isolamento della causa curda, repressa da oltre un secolo e che oggi vive nuove forme di oppressione, minaccia diretta alla rivoluzione in corso a Rojava, nel nord della Siria.

Fine, dunque, degli scioperi della fame, hanno comunicato le prigioniere e i prigionieri politici del Pkk e del Pajk nelle carceri turche. A dare notizia dell’interruzione del proprio, dopo sette mesi di digiuno, c’è anche Leyla Guven, parlamentare curda che per prima aveva lanciato la protesta. Prima in prigione, poi a casa dopo essere stata rilasciata dal governo turco. “Metto fine al mio sciopero della fame e continuo la mia lotta contro l‘isolamento – ha scritto in una lettera ieri – Oggi l’isolamento imposto a Ocalan si è allargato alla società e causa vergogna nell’umanità. Con questo pensiero, posso dire che la nostra unica possibilità è di essere rivoluzionari. Perché solo essere rivoluzionari può impedire questa vergogna e può opporsi alle cose intollerabili e all’oppressione”.

Guven ha ricordato nella sua lettera i nove prigionieri (e non) curdi che in questi mesi hanno pagato la loro protesta con la vita: Zülküf Gezen, Ayten Beçet, Zehra Sağlam, Medya Çınar, Yonca Akici, Siraç Yüksek, Mahsum Pamay, Ümit Acar, e Uğur Şakar. Nena News

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