Kirkuk secondo Fariborz Kamkari

Aggiornato il 03/05/18 at 04:40 pm


di Maria Chiara Strappaveccia per L’indro.it

“Sono in contatto quotidiano con loro. È un momento emozionante e importante per tutti noi. I confini artificiali creati dalle potenze coloniali dell’inizio del ‘900 stanno per scomparire, e questo è l’inizio di una nuova era”, risponde così, a chi gli chiede se è in contatto con la ‘sua gente’ a Kirkuk, Fariborz Kamkari, il regista di ‘I fiori di Kirkuk’….. , il film che nel 2010 ha fatto conoscere all’Italia la ‘Gerusalemme dei curdi’, la città oggi al centro delle speranze, non solo più curde, di un Kurdistan indipendente argine all’avanzata degli estremisti islamici dell’ISIS e delle forze per le quali il movimento farà da apripista.
Kamkari, regista e sceneggiatore iraniano di origine curda, che vive e lavora in Italia, ripercorre per noi la travagliata storia di una città sulla quale oggi sono puntati gli occhi delle Cancellerie internazionali. Scrigno di storia e di umanità, a partire dalla città antica, la così detta ‘Cittadella di Kirkuk’, costruita sul sito dell’antica capitale assira Arrapha, collocata su un’altura artificiale, che si pensa fosse stata costruita dal re assiro Ashurnarsipal II tra il 884 e l’858 a.C. come linea difensiva di Arrapha, vicino alla piana oltre il fiume Khasa, sulle rovine di un antico sito archeologico di 5.000 anni fa. In seguito il re Sluks costruì un muro difensivo con 72 torri, strade e due entrate alla cittadella. Un gioiello della cittadella è la cosiddetta ‘Chiesa Rossa’, che presenta tracce di mosaici pre-musulmani. Le mura odierne della ‘Cittadella’ risalgono al periodo in cui gli Ottomani presero il potere nel XVI secolo, mantenendolo fino alla Prima Guerra Mondiale. In seguito, il 7 maggio 1918, i Britannici occuparono la città irachena insieme ai Turchi fino al 1926, quando la città entrò a far parte del Regno dell’Iraq, nato con l’incoronazione del re Faysal I nel 1921, al termine del Mandato britannico che si batteva per la difesa dell’Impero Ottomano nella Prima Guerra Mondiale. Nel 1958 la monarchia fu rovesciata da un colpo di stato del militare e politico iracheno Abd al-Karīm Qāsimche istituì la Repubblica dell’Iraq.
Nel 1930 in seguito alla scoperta del petrolio in questa città, molti Arabi e Curdi vennero a Kirkuk per cercare lavoro. Nel 1970 l’area che comprendeva Kirkuk divenne autonoma, ma ben presto essa ricadde in mano degli arabi che tennero il potere fino al 1979, quando salì al potere Saddam Hussein. La ricchezza legata al petrolio in quella città e in altre dell’Iraq porterà nel 1991 allo scoppio della Guerra del Golfo. Dal 1991 al 2003 furono espulsi da Kirkuk e da altre città e villaggi nelle regioni ricche di petrolio circa 500.000 curdi e assiri per ridurre la presenza di minoranze etniche. Questo fenomeno va sotto il nome di ‘arabizzazione’. Negli anni Novanta del Novecento Saddam Hussein, allora presidente dell’Iraq, annunciò una campagna di restauro e abbellimento della ‘Cittadella di Kirkuk’, che secondo alcuni sarebbe stata solo una scusa per rimuovere le centinaia di famiglie turcomanne e curde che vivevano nelle vecchie case. Dai turcomanni la ‘Cittadella’ è considerata un importante pezzo di storia: intorno ad essa sorgono diversi quartieri di questa etnia a Topkapi, Helvacilar, Hamam, Agalik, Yedi Kizlar, e Zindan e un ampio numero di siti di importanza storica e religiosa sono ancora presenti in quel luogo, come per esempio una tomba che si crede sia quella del profeta Daniele.
Il petrolio è la disgrazia e la fortuna di Kirkuk ….
Kirkuk è la città petrolifera più importante dell’Iraq, vi sono stati scoperti i primi pozzi di petrolio iracheni. Questa è stata una delle ragioni che hanno prodotto il programma di ‘arabizzazione’ della città a partire dagli anni ’60, poi applicato in modo sistematico dal regime di Saddam Hussein. Grandi masse di curdi sono state trasferite dalla città dove sono stati portati arabi da altre zone, per ottenere una trasformazione demografica radicale. Kirkuk è una città curda con una minoranza di turcomanni, arabi e cristiani. Secondo la nuova Costituzione dell’Iraq, entro il 2007 doveva svolgersi un referendum per decidere il destino di Kirkuk: rimanere con il Governo centrale di Baghdad, o essere parte del Governo regionale autonomo del Kurdistan. All’inizio degli anni 70, Saddam Hussein ha accettato di riconoscere un Governo autonomo ai curdi, escludendo Kirkuk dal territorio. I curdi hanno rifiutato di avere un Governo autonomo senza Kirkuk e hanno combattuto per anni contro Saddam per questo. Queste battaglie sono fallite causa il patto segreto tra l’Iran dello Scià, gli Stati Uniti e Saddam. Nei successivi 40 anni tanti curdi hanno continuato a morire combattendo per Kirkuk. Il sogno di un Kurdistan libero è legato profondamente con l’idea di una Kirkuk libera. La zona di Kirkuk da sola produce un terzo del petrolio dell’Iraq. Dove c’è petrolio, c’è anche interesse internazionale. Prima del 2003 i curdi avevano già una regione autonoma sin dal 1991, dopo la caduta di Saddam hanno accettato di far parte dell’Iraq a due condizioni: costruire il primo Paese democratico del Medio Oriente e liberare la città di Kirkuk. In ogni occasione i curdi hanno ribadito queste due premesse, e sono riusciti a farlo diventare anche un caso internazionale.
Con la caduta di Saddam Hussein cosa è cambiato in città?
Non c’è stato un cambiamento di atteggiamento da parte del Governo centrale. Sono dieci anni che il popolo curdo chiede al Governo di Baghdad di fare un referendum chiaro e trasparente a Kirkuk, per lasciare agli abitanti la possibilità di decidere il proprio destino. Il Governo di Baghdad continua a ignorare questa legge costituzionale. Il Governo di Baghdad per più di dieci anni ha rifiutato di pagare lo stipendio alla parte curda delle forze militari irachene (i peshmerga). Da sette mesi il Governo iracheno non paga neanche lo stipendio dei dipendenti statali curdi. Il regime di Saddam è crollato, ma la cultura antidemocratica è rimasta.
In città da sempre convivono diverse etnie, turcomanni, arabi, curdi e assiri … Ne ‘I fiori di Kirkuk’ lei sostiene la tesi della possibilità di una convivenza pacifica, la sosterrebbe ancora oggi?
Non è per caso che ‘I fiori di Kirkuk’ sia prima di tutto una storia d’amore. Dopo anni di storia sanguinosa l’unica ricetta per questa città è l’amore, nel senso di riconoscimento e riconciliazione. 240 mila curdi sono morti durante il programma di ‘arabizzazione’, una famosa frase dice ‘non dimentico ma perdono’: questo dovrebbe essere un nuovo inizio per Kirkuk. La storia del film mostra che i sentimenti umani sono più potenti del razzismo. Da sempre Kirkuk è stata una città di convivenza tra etnie e religioni diverse. Kirkuk è anche una città cristiana, ebrea e musulmana. Da sempre etnie diverse hanno vissuto insieme in questa città e potranno continuare a farlo, se i giochi politici e la manipolazione regionale e internazionale da parte dei vari poteri non trasformeranno di nuovo questa ricchezza in debolezza da utilizzare per i propri interessi. A Kirkuk c’è un mosaico di etnie e religioni. Come in tutte le altre città curde. Io abitavo vicino a una chiesa, da bambino, e la nostra grande gioia, per noi bambini musulmani, era di andare a vedere la messa dei cristiani la domenica. C’era anche il quartiere ebreo, vicino a casa nostra, dove io e i miei amici ebrei festeggiavamo lo shabbat, il sabato. Secondo la legge del Governo regionale curdo, le minoranze turcomanne, assire e cristiane e altre etnie minori hanno come diritto assicurato la partecipazione a una quota del Governo. In Kurdistan la convivenza tra le popolazioni è sempre stata molto buona, ancora oggi migliaia di arabi e cristiani cercano di trovare un rifugio in Kurdistan in ogni occasione di pericolo nel resto del Paese. I curdi offrono ospitalità. Il problema è quando i politici vogliono usare le differenze culturali per perseguire la loro agenda.
Il Presidente della regione autonoma del Kurdistan, Massoud Barzani il 27 giugno ha annunciato che Kirkuk rimarrà in mano ai curdi che hanno difeso la città petrolifera e altre dall’offensiva jihadista ISIS.
Più del 70% degli abitanti di Kirkuk sono curdi. Nell’ultima elezione regionale, tre mesi fa, il governatore curdo della città è stato eletto con la percentuale di voti più alta di tutto l’Iraq. Dal 2003 i curdi governano di fatto la città, e da quando l’Esercito iracheno si è polverizzato, prima ancora di qualsiasi attacco da parte di ISIS, l’Esercito curdo protegge la città dai jihadisti.
‘I fiori di Kirkuk’ è stato girato a Kirkuk dal 3 ottobre al 12 dicembre 2009. La gente come ha vissuto questa esperienza?
E’ stato molto emozionante girare un film sulla storia di Kirkuk, a Kirkuk. Le persone erano contente di interpretare in un film una parte della loro storia, quella che hanno vissuto e vivono ancora oggi. Forse la stessa emozione che i romani hanno sentito durante le riprese e poi con l’uscita del film ‘Roma città aperta’, subito dopo il nazismo. Noi curdi abbiamo scoperto il cinema 100 anni dopo la sua invenzione. Abbiamo scoperto che il cinema può essere un ottimo strumento per conoscersi e farsi conoscere. Uno specchio e nello stesso tempo una finestra.
Come è cambiata Kirkuk da quando lei se la ricorda?
Sono stati cacciati gli ebrei, sono stati uccisi tanti cristiani, sono scomparsi tanti curdi, durante la ‘arabizzazione’ di Kirkuk. Ma dopo la liberazione, la gente sta tornando e cerca le memorie perdute nei vicoli dell’antica città. Sono rimaste ancora tante palme che fanno ricordare le belle memorie della città. Come si vede nel mio film, la gente è ancora piena di amore, entusiasmo ed energia per ricostruire un nuovo futuro per questa città ferita. Non è un paradiso, ci sono tantissimi problemi, questo è l’inizio…
La Cittadella di Kirkuk è la parte più antica della città…
Kirkuk e Erbil hanno cittadelle molto antiche (più di 4000 anni). Quella di Kirkuk purtroppo è stata gravemente danneggiata dal regime di Saddam durante la ‘arabizzazione’. Il Governo di Baghdad ha demolito tutti i palazzi e gli edifici antichi, greci, romani, assiri, medi, e ha lasciato solo i palazzi costruiti dopo l’invasione araba della città, qualche centinaio di anni fa. Questo è stato un crimine che ci fa soffrire quanto ci fa soffrire il ricordo dell’Anfal, l’operazione militare con la quale Saddam ha ucciso più di 240 mila curdi, per dare un’identità araba alla città di Kirkuk. Saddam ha iniziato a fare la stessa cosa anche nella cittadella di Erbil, ma, per fortuna, non è riuscito a completarla. Recentemente la cittadella di Erbil è stata riconosciuta dall’Unesco come patrimonio culturale.

Lascia il primo commento

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*