Kurdistan: punto primo capire

Aggiornato il 03/05/18 at 04:32 pm


Per chi è italiano dire: “vengo dall’Italia” è un pensiero banale. Ma non lo è per tutti. Ci sono popolazioni che non vedono ancora riconosciuti i confini delle loro terre come nazione. È il caso del popolo curdo che costituisce cinque minoranze in cinque paesi diversi…….. Guerre, rivoluzioni e morti.
#centrasempreilpetrolio
Il mese scorso siamo stati a Erbil, la capitale del Kurdistan iracheno, una regione autonoma, riconosciuta dal 1991 dal governo centrale di Baghdad, ma che ancora non gode della completa indipendenza. Se ne sente parlare sempre più spesso per il boom economico che sta attraversando il Paese. La causa dello sviluppo improvviso è il petrolio, che ha dato una spinta al commercio locale e ai rapporti con gli altri stati. Primo tra tutti la Turchia. 
#tentatividindipendenza
Sebbene sotto il controllo del governo di Baghdad, il Kurdistan iracheno ha un suo presidente, un parlamento e un governo. Gli accordi per vendere il petrolio all’estero prevedono però che il Kurdistan passi dal governo centrale dell’Iraq che a sua volta consegna il 17% del ricavato alla regione. Una condizione sofferta e da tempo è aggirata dal presidente del Kurdistan, Barzani, che ha firmato contratti con società straniere autonomamente (provocando l’ira del presidente dell’Iraq, Jalal Talabani, di origini curde).
#anacletoaerbil
Erbil è una città di circa 2milioni e mezzo di abitanti, molti la paragonano alla Dubai di 20 anni fa: girando per le sue strade si perde il conto dei cantieri. Alberghi, palazzi, complessi residenziali. Il primo impatto dà l’idea di una città in costruzione, che offre possibilità infinite di lavoro. Ma quello che colpisce è la calma del luogo: se nel resto dell’Iraq ci sono decine di morti ogni giorno (tra Baghdad, Bassora, Falluja, Nassirya), qui a Erbil e nelle altre due città della regione autonoma curda l’atmosfera è rilassata, tanto che molte famiglie irachene vengono a passarvi le loro vacanze o comprano casa.
#calmapparente
Nulla a che vedere insomma con la guerra civile tra sciiti e sunniti in corso a Baghdad e che non sembra potere aver fine in tempi brevi. E la voglia di indipendenza di Erbil dal resto dell’Iraq è sempre maggiore, anche perché se la calma generale del luogo è evidente, al tempo stesso si percepisce la precarietà di questa situazione. In effetti i motivi di sofferenza e contrasto con il governo centrale sono molti. I principali: la questione dei confini – il governo curdo afferma di avere sotto il suo controllo solo il 49% del territorio che gli spetterebbe – la gestione delle risorse petrolifere e l’attuale situazione siriana.
#interessideglialtri
Chiunque però afferma che i tempi non sono ancora maturi per l’indipendenza. Se è vero che i curdi si sentono “tutelati” dal governo turco di Erdogan (che ha troppi interessi in questa terra per lasciare che inizi una guerra), d’altra parte l’Iraq può contare sul sostegno di Teheran. Inoltre in Kurdistan tengono molto a mantenere la stabilità che c’è oggi nel Paese. Basterebbe un passo di troppo per tornare alla situazione di 20/30 anni fa.
#Kurdistan
Per non parlare poi dell’unità tra tutti i popoli curdi: nell’attuale divisione degli Stati, la nascita di uno Stato autonomo del Kurdistan appare ormai un’ipotesi irrealizzabile: nessuno dei paesi coinvolti, infatti, è disposto a cedere aree più o meno ampie del suo territorio a favore del popolo curdo, privandosi delle materie prime di cui quei territori sono ricchi, prima fra tutte il petrolio.
fonte:mariaclaire.it
 

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