Iraq, riesplode la guerra tra etnie. Obama affida la gestione a Biden

Aggiornato il 03/05/18 at 04:34 pm


di Glauco Maggi

La guerra tra le etnie esplode in Iraq, e Obama delega il vice Joe Biden a mettere pace, finora senza grande successo. Sabato, un militante suicida sunnita, travestito da poliziotto, ha ammazzato almeno 53 persone…. e ferito varie altre decine in un attacco ad un check point, sulla strada che porta ad una importante moschea sciita ad ovest di Bassora. L’attentatore, che aveva un falso documento d’ identita’, e’ riuscito ad insinuarsi tra i fedeli e gli agenti e a farsi esplodere nella calca, con effetto devastante. La scelta del momento dell’attacco, alla fine di una delle maggiori celebrazioni del calendario sciita, l’Arbain, accelera la ripresa del clima da guerra inter-etnica di cui l’raq e’ stato teatro da quando gli Usa hanno riportato tutte le truppe a casa nello scorso dicembre.
I comandanti militari avevano chiesto a Obama di ottenere dal governo di Al Maliki un prolungamento concordato della permanenza di una forza americana, ma la Casa Bianca ha scelto di chiudere il capitolo Iraq con il ritiro totale. Ora deve pero’ rioccuparsene dall’ esterno, visto il succedersi allarmante degli atti violenti che hanno causato almeno 220 morti dall’addio dei marines. Prima dell’attentato di Bassora, finora il piu’ grave per numero di vittime delle ultime settimane, 36 sciiti erano stati uccisi e circa il doppio feriti da un bombarolo suicida mentre erano in pellegrinaggio nell’ area di Al Batha, a 370 kilometri a sud della capitale, mentre si recavano a Karbala nel sud del Paese. Circa 77mila agenti sono mobilitati a protezione dei milioni di sciiti, oltre una decina, in marcia verso le moschee del sud, un target ideale per i radicali sunniti e Al Qaeda.
Anche nella capitale una serie di quattro attentati aveva fatto 24 morti prima della strage di Al Batha. Nel distretto di Al Sadr, roccaforte degli sciiti del clerico Moqtada al Sadr, che appoggia in parlamento il capo del governo Al Maliki, nove civili sono stati uccisi e 50 feriti per l’ esplosione di due motociclette, mentre altri 15 sono morti e 31 feriti nel quartiere di Al Kazamiyeh quando due autobombe sono saltate per aria tra la gente. In precedenza, il 22 dicembre, circa una settantina di persone avevano perso la vita in un’altra serie di attentati. L’escalation della tensione ha la sua radice nella lotta aperta ai vertici stessi del governo irakeno. Il primo ministro sciita al- Maliki aveva fatto emettere il mese scorso un ordine di arresto nei confronti del vice presidente Tareq al-Hashemi, sunnita, accusandolo di essere il mandante e l’organizzatore di atti di terrorismo e di squadroni della morte contro gli sciiti. Cio’ ha aperto una crisi politica perche’ i membri del gabinetto che fanno capo al blocco dei sunniti di Iraqiya hanno da quel momento boicottato le riunioni di governo. Al-Hashemi, che nega ogni addebito, si e’ rifugiato in Kurdistan, la regione dell’ altro gruppo etnico irakeno, i curdi. Per la nuova costituzione “unitaria”, la polizia di Baghdad non puo’ entrare in Kurdistan.
Biden allo scoppio del conflitto nel governo aveva telefonato ad Al Maliki e allo Speaker del Consiglio dei Rappresentanti per “discutere dell’attuale clima politico in Iraq” e per avvertire che ”gli Usa stavano monitorando gli eventi con grande attenzione”. E aveva insistito “sull’ urgente bisogno che il primo ministro e i leaders degli altri maggiori blocchi si incontrino per risolvere insieme le divergenze”. Impresa non facile, visto che 13 guardie del corpo del vice presidente accusato di terrorismo sono state arrestate e che il ministro degli interni ha detto in Tv che ci sono le confessioni di alcuni di loro sulla partecipazione attiva di Al-Hashemi agli attentati.
Biden ha anche parlato con il presidente del Kurdistan, Massoud Barzani, perche’ nella sua regione si trova Al- Hashemi, che sarebbe stato aiutato nella fuga dallo stesso presidente dell’Iraq, il curdo Jalal Talabani. La crisi al vertice delle istituzioni in Iraq rischia di degenerare, con la prospettiva rischiosissima, non solo per gli irakeni ma anche per gli americani, di un vuoto di potere reale che darebbe al vicino Iran l’occasione di accrescere la sua influenza a Baghdad. Ma per ora Obama ha lasciato solo al suo vice Biden il compito della ricomposizione. L’ultima mossa e’stata una telefonata con il primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan, durante la quale e’ emersa una preoccupazione condivisa dai due governi sulla atmosfera di caos in Iraq. Politiche settarie e autoritarie non daranno alcun beneficio al Pease, ha detto a Biden Erdogan, che ha a sua volta il problema della minoranza curda in cerca di autonomia nel suo stesso territorio, ai confini con il Kurdistan.
 

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