In Iraq Teheran continua a uccidere ma gli USA non stanno a guardare

Aggiornato il 03/05/18 at 04:35 pm


di Costantino Pistilli

Leon Panetta, il nuovo segretario americano alla Difesa, durante la sua prima visita a Baghdad dichiarò in maniera chiara: “L’Iran fornisce armi ai guerriglieri sciiti in Iraq per uccidere soldati americani” . Durante la commissione Difesa del Senato americano lo stesso messaggio è stato ribadito dall’ammiraglio Michael Mullen, Capo di stato maggiore delle forze armate statunitensi. Mullen è andato anche oltre, avvertendo Teheran che “se gli iraniani continueranno a uccidere i nostri soldati noi non staremo a guardare; sappiamo che l’esercito iraniano fornisce razzi Iram (Improvised rocket-assisted mortar) e proiettili esplosivi Efp (Explosively formed projectile). Armi in grado di penetrare i nostri mezzi corazzati pesanti”.
Infatti, il ‘soft’ power iraniano, fondato sulla guerriglia urbana, continua a destabilizzare il governo di Baghdad, soprattutto in vista del graduale ritiro delle truppe statunitensi dall’Iraq che torneranno a casa entro il 31 Dicembre di quest’anno, in base all’accordo Status of Forces Agreement firmato nel 2008. Intanto, sono proprio quei 45.000 soldati statunitensi a finire uccisi dagli artigli persiani. Alla fine di Luglio 2011, un rapporto pubblicato dall’Ispettorato generale americano per la ricostruzione dell’Iraq sosteneva che le “condizioni di sicurezza sono peggiorate rispetto all’anno precedente e il rischio per il personale degli Stati Uniti è gravemente aumentato”. Se durante il 2010 l’esercito statunitense ha subito 22 decessi a causa del fuoco nemico, quest’anno – e solo a partire dal luglio 2011 – sono stati uccisi 31 soldati americani, principalmente per mano dei miliziani sciiti sostenuti dall’Iran. I gruppi terroristi su cui Teheran sta investendo sono Asa’ib Ahl al-Haq, Kata’ib Hezbollah e sulle falangi dell’Esercito del Mahdi, fondato da il leader radicale sciita Muqtada al-Sadr; lo stesso che l’11 Settembre scorso ha decretato la fine di tutti gli attacchi contro l’esercito americano fino al completo ritiro previsto appunto per Dicembre prossimo: “Affinché l’Iraq assuma la sua indipendenza grazie al ritiro degli invasori dalla nostra terra, giudico indispensabile porre fine a tutte le operazioni di resistenza armata fino al completo ritiro delle forze occupanti”.
Eppure gli attacchi contro le truppe statunitensi continuano e gli USA, come ha ribadito Mullen, non sembrano resteranno a guardare. Non è un caso, infatti, che l’amministrazione Obama stia costruendo una nuova rete di basi segrete per droni nel Corno d’Africa e nella penisola arabica nell’ambito di un’aggressiva campagna contro i gruppi legati ad al Qaeda in Somalia e Yemen, e questo accade anche per aumentare la sicurezza delle proprie truppe di stanza a Baghdad. E non è neanche un caso che per la prima volta il nome del terrorista Muhammad Hisham Muhammad Ismail Abu Ghazala, affiliato ad Hamas e ritenuto pericoloso quanto il terrorista di Hezbollah Imad Mughniyeh, sia finito nella black list dell’anti-terrorismo americano. Abu Ghazala è ritenuto responsabile di attentati e di addestrare le milizie sciite all’uso di esplosivi improvvisati (chiamati comunemente IED, Improvised Explosive Device, ordigni che hanno portato alla tomba molti dei nostri soldati in Afghanistan). Dal 2006 la Corte Penale Centrale irachena aveva emesso un mandato di arresto e piazzato una taglia sulla testa del responsabile per la diffusione di numerosi esplosivi a distanza. Ma Ghazala è aiutato e sostenuto dagli ayatollah iraniani -sempre più interessati all’Iraq sciita- e da Al Qaeda, ospite di riguardo della Repubblica islamica iraniana.
Dopo Panetta e Mullen, forse, un giorno anche dalla bocca del presidente Barack Obama sentiremo pronunciare parole di denuncia contro lo Stato degli ayatollah. Ma quanti dissidenti, giornalisti o omosessuali iraniani, quanti curdi, iracheni e soldati americani dovranno essere uccisi prima che il Presidente della Pace dica una sola parola contro la violenza persiana? Faster please!
Fonte: http://www.loccidentale.it/node/109971

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