Democrazia in Medio Oriente, la rivoluzione ha inizio con le parole

Aggiornato il 03/05/18 at 04:36 pm


di Walid Phares

Dalla caduta dell’Impero Ottomano, attraverso gli innumerevoli conflitti del ventesimo secolo, il Medio Oriente e il Nord Africa hanno innescato due dinamiche compensative: l’aumento di regimi autoritari e di gruppi politici radicali e la crescita di movimenti di resistenza che combattono contri di questi per una maggiore autonomia.
Da una parte, ci sono il partito baathista siriano, i wahhabiti dell’Arabia Saudita, i khomeinisti dell’Iran, insieme a organizzazioni come i Fratelli Musulmani in Egitto o gruppi terroristici come Hezbollah e di al-Qaeda. D’altra parte, ci sono i Curdi, i Berberi, i Copti, gli africani del Sudan, e le forze democratiche dalla Siria e il Libano fino all’Algeria.
Negli ultimi cento anni, il Grande Medio Oriente ha sperimentato colpi di stato, terrorismo, genocidi e oppressione, ma anche dimostrazioni di massa, elezioni, resistenza e rivolte democratiche. Ha dato vita a dozzine di movimenti riformatori e scatenato ondate di donne, studenti e altri dissidenti che invocano la democrazia.
Nel 2005, un milione e mezzo di uomini e donne di diversi retroterra religiosi ed etnici hanno marciato nelle strade di Beirut contro l’occupazione e il terrore e per la libertà; nel 2009, un milione di iraniani – la maggior parte giovani – ha dimostrato a Teheran invocando la democrazia; il genocidio nel Darfur è stato denunciato; gli africani del Sudan meridionale stanno ottenendo l’autodeterminazione; i Cabiliani di Algeria sono in ascesa; in Afghanistan l’esito del conflitto sarà deciso tra le giovani donne che insegnano la pace alla loro futura prole e il ritorno dei Talebani, mentre in Iraq il futuro si giocherà tra le milizie del terrore e gli insegnanti umanisti delle scuole medie. In tutta la regione, insomma, dissidenti e riformisti sono in competizione con i fondamentalisti jihadisti per conquistare il cuore e le menti della gioventù.
Il mondo ha visto entrambe le facce di questa medaglia: sia la violenza dei gruppi terroristici e delle milizie, sia le aspirazioni pacifiche di milioni di persone che sono scesi nelle strade di metropoli e città per rivendicare i diritti che i loro governi gli continuano a negare. Nei prossimi anni, io credo, tutti e due i movimenti cresceranno vistosamente. E, dunque, chi vincerà e cosa potrà fare l’Occidente per aiutare libertà e democrazia a prevalere sull’oppressione?
Intanto, con o senza di noi, la corsa nella Terra di Mezzo è in corso, e la rivoluzione alla fine sta arrivando. Ma la scelta è anche la nostra. Come le precedenti generazioni si sono schierate con gli operai di Solidarność in Polonia e intellettuali come Vaclav Havel e hanno supportato il cambiamento in Sud Africa, queste possono e dovrebbero ripetere lo stesso grande esercizio democratico in Medio Oriente, almeno con le parole. E nella battaglia delle idee le parole sono l’inizio della libertà.
© Washington Post
Traduzione Costantino Pistilli per l’Occidente.it
 

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