li arabi, la Turchia e la politica dei blocchi

Aggiornato il 03/05/18 at 04:36 pm


di Muhammad Nuralldin

Il 18 ottobre scorso si è tenuto in Kuwait, la riunione periodica del Consiglio di cooperazione congiunta tra la Turchia e i paesi del Golfo. La conferenza si è tenuta a livello dei ministri degli esteri e ha trattato tutte le questioni che interessano le due parti. Questo incontro conferma che le istituzioni create tra alcuni paesi arabi e la Turchia lavorano di comune accordo e si riuniscono periodicamente. Tali istituzioni non coinvolgono solo una parte del mondo arabo. La Turchia ha una commissione congiunta con la Lega Araba, nel quadro del dialogo strategico tra la Turchia e gli arabi. Ed ha anche dei consigli di cooperazione strategica con la Siria e con l’Iraq, che si riuniscono periodicamente, con la partecipazione delle più alte cariche tra capi di governo e ministri.
Le relazioni fra la Turchia e il mondo arabo progrediscono a passo sicuro, ed includono la maggior parte dei paesi del Vicino Oriente limitrofi alla Turchia, dalla Siria all’Iraq, al Libano e alla Giordania, arrivando fino ai paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo (GCC).
Va osservato come l’Egitto sia l’unico paese a rimanere al di fuori di questo quadro di cooperazione congiunta turco-araba, sia per l’assenza di una commissione congiunta turco-egiziana, sia per la mancanza di qualsiasi altra forma di collaborazione.
Ma ciò che colpisce, a proposito della cooperazione congiunta turco-araba, è che la Turchia si posiziona alla stessa distanza da tutti i paesi arabi e aspira a collaborare con essi nella loro totalità, ove possibile. Non c’è dubbio che questa sia una politica equilibrata e sana.
Forse la cosa più importante è che la natura degli accordi che stanno firmando le due parti ha a che fare con le infrastrutture e l’integrazione economica, così come con un rafforzamento dell’apertura culturale e con l’insegnamento reciproco delle due lingue (turco e arabo). Sono passi che rafforzano gli interessi condivisi a partire dalla salda base degli interessi economici e dell’identità culturale comune alle due parti.
Le riunioni della Turchia con i paesi del GCC potrebbero estendersi fino a comprendere i paesi che abbiamo ricordato precedentemente, dato che geograficamente la strada che dalla Turchia conduce al Golfo passa necessariamente per l’Iraq, la Siria, la Giordania e forse il Libano.
La Turchia ha preso l’iniziativa, e si è arrivati alla firma per la realizzazione di una zona di libero scambio tra Turchia, Libano, Siria, Giordania e Iraq. Sarebbe meglio se la cooperazione comprendesse questi paesi assieme al GCC, da un lato, e la Turchia dall’altro, per fondare il nucleo di un’unità culturale, economica e politica del Levante che restituisca alla regione la sua unità e la sua capacità di affrontare le sfide della gestione dello stato, così come la minaccia immediata che le potenze occidentali saccheggino le ricchezze degli arabi e dei non arabi e impongano loro la propria egemonia con tutti i mezzi.

Sarebbe meglio se questa formula venisse generalizzata fino a comprendere la cooperazione tra gli arabi e gli altri paesi vicini in Asia e in Africa, ma non sulla base dell’Unione arabo-africana che alcuni invocano partendo da presupposti ideologici e politici deboli e transitori.
La creazione di una “regione integrata” che riunisca tutti i vicini degli arabi, dalla Turchia all’Iran al Pakistan e ai paesi africani, non è un sogno irrealizzabile ma è possibile nel caso in cui ci sia la volontà e la capacità di prendere decisioni indipendenti. Essa è l’unico strumento per impedire le guerre interne su base etnica (come accade in Iraq e Sudan) e religiosa, come accade in diverse regioni arabe e non arabe.
Il futuro degli stati, delle società e delle nazioni sta nella politica dei blocchi, e il cambiamento della politica turca negli ultimi anni costituisce un’occasione per spingere avanti queste idee.
L’altra cosa che colpisce è che la Turchia araba, o levantina – se così si può dire – continua a perseguire con successo le politiche multidimensionali adottate da quando salì al potere il partito Giustizia e Sviluppo, alla fine del 2002.
Il ministro degli esteri turco Ahmet Davutoglu è arrivato in Kuwait da Bruxelles, dove aveva partecipato agli incontri della NATO, dopo aver visitato varie capitali europee.
Il fatto che la Turchia perseveri nella sua aspirazione di aderire all’Unione Europea – così come la sua presenza all’interno della NATO – devono costituire un esempio per gli arabi su come riconciliare le contraddizioni qualora lo richiedano gli interessi nazionali.
Così come la Turchia “islamica” ritiene di dover essere in buoni rapporti con l’Occidente, con Israele e con altri paesi, quando lo richiedano la propria potenza ed i propri interessi, allo stesso modo la prima cosa che dovrebbero fare gli arabi è portare avanti l’integrazione con tutti i propri vicini lasciando da parte l’appartenenza etnica, religiosa e confessionale, in modo da acquisire la capacità di reggersi sulle proprie gambe per affrontare l’unico pericolo fondamentale che minaccia la loro esistenza – ovvero Israele, e dietro di essa tutte le politiche coloniali occidentali.
Muhammad Nur al-Din, esperto di relazioni arabo-turche
Fonte:

العرب وتركيا وسياسة التكتلات

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