
Aggiornato il 25/04/25 at 06:10 pm
di Shorsh Surme –——-Il concetto di libertà trascende il tempo e lo spazio ed è al centro della ricerca di filosofi e pensatori. La storia ci racconta della parola “libertà” apparve per la prima volta nelle riforme del re Urukagina che governò la città di Lagash tra il 2351 e il 2342 a.C., una delle città sumere della Mesopotamia. Egli rovesciò il suo predecessore Lugalanda, che molti storici considerano un sovrano oppressivo, insediato dai sacerdoti del tempio. Tuttavia essi considerano Urukagina un sovrano che attuò numerose riforme politiche, economiche e sociali, documentandole su tavolette d’argilla in lingua sumera.
In uno di questi documenti compare la parola “amarji”, che in sumero significa “libertà”. Si legge: “Il re concesse completa libertà agli abitanti della sua stirpe”. Questa fu la prima volta che la parola “libertà” venne menzionata, poiché la storia non indica che fosse stata scritta prima di allora.
Il filosofo Socrate definì la libertà come “la capacità umana di fare ciò che è meglio”, mentre Platone la collegava al bene e alla conoscenza, e Aristotele alla conoscenza e alla volontà. Pertanto la libertà costituiva un sogno, una vita e una speranza che accompagnava i liberi nei loro viaggi e spostamenti, accompagnandoli come i battiti del cuore
Come la descrisse il Mahatma Gandhi, la libertà è “l’anima e il respiro dell’uomo. Quanto costano queste cose?”. Indubbiamente il suo prezzo è alto, molto alto. Mikhail Naimy dice di essa: “La libertà è la cosa più preziosa che esista, e quindi il suo prezzo è molto alto”.
Fin dall’emergere della coscienza filosofica umana, abbiamo trovato la libertà al centro di ogni argomento o idea filosofica. Pertanto vediamo che la maggior parte di coloro che hanno teorizzato e discusso idee relative al pensiero filosofico e alle teorie sull’esistenza umana si sono riferiti alla libertà, direttamente o indirettamente, in quanto origine attorno alla quale ruotano tutte le altre idee e concetti relativi alla natura esistenziale dell’uomo. In ambito educativo il pensatore ed educatore brasiliano Paulo Neves Freire (1921-1997) afferma nel suo libro “Pedagogia degli oppressi”, pubblicato nel 1968, riferendosi al motivo della sua prigionia e del successivo esilio dalla sua patria: “Non esiste un processo educativo neutrale. L’educazione o diventa uno strumento che assimila le giovani generazioni al sistema attuale e conduce alla loro sottomissione, oppure diventa uno strumento per l’esercizio della libertà. È il mezzo attraverso il quale uomini e donne possono confrontarsi criticamente e creativamente con la realtà e scoprire come possono contribuire alla liberazione della loro società”.
Freire usò l’educazione come mezzo e metodo per ribellarsi ai tiranni e conquistare la libertà. Seguì la logica del dialogo, della discussione e dello scambio di idee e visioni tra insegnante e studente, stimolando la consapevolezza critica attraverso la quale la mente si riempie di concetti corretti basati sulla convinzione, in modo che gli oppressi possano seguire la sua strada e adottarla come mezzo per raggiungere la libertà.