
Aggiornato il 20/04/25 at 12:22 pm
di Shorsh Surme –———- L’operazione condotta il 7 ottobre dalle brigate militari di Hamas, che si considera rappresentante legittimo del popolo palestinese a Gaza, ha avuto un profondo impatto non solo in Medio Oriente, ma in tutto il mondo. Israele ha sfruttato questa operazione, denominata “Operazione Margine Protettivo”, come pretesto per trasformare i massacri perpetrati da settanta anni in una politica sistematica di genocidio.
Considerare questo genocidio unicamente dal punto di vista delle perdite umane del popolo palestinese porterà a conclusioni erronee. Questi eventi hanno rivelato che molti dei concetti e dei valori che si sono sviluppati attraverso diverse esperienze nella storia mondiale e che hanno acquisito il potenziale per diventare valori umani comuni, sono in realtà valori specifici di alcune persone e non di altre.
Le politiche contraddittorie e le posizioni morali dei paesi sviluppati hanno dimostrato che concetti quali diritti umani, democrazia e stato di diritto non includono il popolo palestinese nel quadro dell’“individuo moderno” a cui tali concetti si rivolgono.
D’altro canto la debole voce dei paesi che condividono con la popolazione di Gaza un’identità religiosa, legami etnici o un destino geografico comune contribuisce, davanti agli occhi del mondo, alla continuazione di questo genocidio.
Subito dopo la sua vittoria elettorale, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha annunciato un piano relativo a Gaza, spostando il dibattito in un’altra direzione. L’amministrazione statunitense si è concentrata sull’idea di evacuare Gaza e costruire una nuova città, ritenendo che questo progetto avrebbe potuto risolvere anche i problemi del popolo palestinese. Quando hanno svelato un’immagine che illustrava il loro desiderio di trasformare Gaza in una città moderna simile a Dubai, una metropoli moderna del Medio Oriente, hanno sottolineato che non si tratta di un semplice progetto di riqualificazione urbana. Secondo il piano, gli abitanti di Gaza saranno evacuati in paesi specifici, in particolare in Egitto. Non è difficile immaginare che il popolo palestinese, che vive in esilio da molti anni, non accetterà un nuovo piano di espulsione. È chiaro che la trasformazione spaziale di Gaza mira a rimuovere la struttura culturale e sociale sotto le mentite spoglie dello sfollamento e della costruzione. Perché stiamo assistendo a un cambiamento nell’identità araba, a differenza di migliaia di anni fa, dal tessuto culturale e politico del Levante, che ha plasmato la sua identità negli ultimi anni, verso il Golfo incentrato sul consumismo. Possiamo affermare che l’identità araba in molte parti del mondo non ha ancora perso il suo carattere primitivo di costume, ma è diventata parte di una trasformazione incentrata sull’etica dei consumi moderni. La resistenza del popolo palestinese e la lotta del popolo siriano per la libertà racchiudono il potenziale per una resistenza spaziale e culturale contro questa identità artificiale.