Sudan. Le Rfs, tra furti e stupri di adolescenti

Aggiornato il 08/07/25 at 06:20 pm

di Shorsh Surme –——–I sudanesi sono noti per il loro spirito di fratellanza, unione e compassione, al punto che è difficile comprendere appieno questa odiosa guerra che li vede coinvolti all’interno del loro paese. Ecco perché è così amaro leggere di questo conflitto tra sudanesi, in particolare del modo misterioso in cui è emersa e si è consolidata la milizia delle Rapid Support Forces. Questa milizia comprende combattenti provenienti da fuori il Sudan, alcuni dei quali adolescenti, e riceve il sostegno di potenze straniere che non hanno alcun interesse in Sudan. Questa milizia ha commesso molti crimini in questa guerra assurda.
Uno dei pochi giornalisti che ha cercato di trasmettere l’immagine orribile di questa guerra e delle sue terribili conseguenze per il popolo sudanese è stato il giornalista britannico Anthony Lloyd, il quale è riuscito a entrare a Khartoum e Omdurman e ha rivelato il lato oscuro utilizzato dalle Rsf.
Lo scrittore britannico racconta questa storia dopo aver intervistato la madre di una delle tante ragazze violentate. La ragazza adolescente ha scelto di dormire nella sua stanza invece che con la madre e gli altri bambini nel corridoio; la leggera brezza proveniente dal Nilo soffiava attraverso il quartiere di Khartoum dove viveva questa famiglia, che si trovava sotto l’occupazione delle Rapid Support Forces. Non aveva idea che nelle ultime ore della notte tre soldati armati sarebbero entrati nella sua stanza senza che sua madre se ne accorgesse, dato che dormiva profondamente. Quel giorno suo padre non era a casa. Cercavano qualsiasi cosa da rubare e, se non trovavano nulla, umiliavano gli abitanti del quartiere commettendo stupri, che molte vittime si astenevano dal denunciare. Paura della vergogna e dello scandalo in una società religiosa conservatrice. I tre soldati non hanno trovato né oro, né denaro, né cellulare. Hanno commesso questo crimine sotto la minaccia delle armi, che sono diventate, secondo il rapporto della Missione d’inchiesta delle Nazioni Unite, “diffuse” in questa guerra. Quando la madre trovò la figlia tremante di paura accanto a lei nel buio, capì che i momenti difficili sarebbero stati per lei. A nulla sono servite le sue urla in strada, che hanno svegliato i vicini che affollavano il cortile, così come a nulla è servita la denuncia al posto di blocco delle Rapid Support Forces sulla stessa strada. Lo stesso scenario si è ripetuto tre mesi dopo, quando tre miliziani hanno fatto irruzione in casa e hanno preso la bambina per mano, ma i vicini hanno salvato la situazione dopo aver sentito le urla della madre. La madre non raccontò al padre della bambina cosa era successo, perché non sapeva come avrebbe reagito. La famiglia lasciò la zona controllata dalla milizia per Omdurman senza pensare al ritorno a casa, che era diventata un luogo di ricordi dolorosi.
La storia della madre in lutto non è ancora finita: c’è ancora molto lavoro da fare per aiutare la figlia a superare questo dilemma.
Questo è solo uno degli effetti collaterali della guerra. E che dire della guerra stessa?