Iraq. Tantissimi poveri nel paese che galleggia sul petrolio

Aggiornato il 09/06/25 at 08:50 pm

di Shorsh Surme –La nuova costituzione dell’Iraq stabilisce che lo Stato garantisce la sicurezza sociale e sanitaria all’individuo e alla famiglia, in particolare a bambini e donne, e i beni di prima necessità per una vita libera e dignitosa. Fornisce inoltre loro un reddito e un alloggio adeguati.
Ciò significa che il dovere del governo è quello di fornire lavoro e un appezzamento di terra gratuito a ogni cittadino, poiché la terra stessa e tutto ciò che vi si trova sopra e al suo interno appartengono al popolo, non al governo. Il governo è l’unico responsabile dell’amministrazione dei servizi alla popolazione.
La recente dichiarazione del governo iracheno ha affermato che il numero di famiglie coperte dall’assistenza sociale è di 2,1 milioni. Se ipotizziamo che una singola famiglia sia composta da sette persone e che l’Iraq abbia una popolazione di 43 milioni di cittadini, ciò significa che il numero totale di famiglie in Iraq è di 6 milioni.
Da quanto sopra appare chiaro che il 33% della popolazione irachena riceve un sussidio di assistenza sociale, il che significa che si trova al di sotto della soglia di povertà. Gran parte della restante percentuale non beneficia dell’assistenza sociale e non riceve uno stipendio. Se stimiamo la loro percentuale al 47%, ciò significa che il numero di poveri raggiunge l’80%, senza stipendio o assistenza. Questo è un indicatore sociale molto pericoloso.
In questo mese è stato lanciato un appello alle autorità competenti affinché adottino misure per salvare queste fasce della popolazione, che costituiscono una parte significativa del bilancio pubblico.
Ricordiamo che l’articolo (111) della Costituzione del 2005, che tratta della proprietà di petrolio e gas in Iraq, stabilisce che “Il petrolio e il gas sono proprietà del popolo iracheno nelle regioni e nei governatorati”.
Questa disposizione è coerente con l’orientamento del diritto internazionale, che considera le risorse naturali proprietà del popolo, non dei governanti, e che lo Stato è semplicemente uno strumento di gestione, distribuzione e sviluppo.
Questo è stato sottolineato dalle risoluzioni delle Nazioni Unite, tra cui la Risoluzione n. 1803 del 14 dicembre 1962.
Intitolata “Sovranità permanente sulle risorse naturali”, essa sottolineava la necessità di rispettare il diritto dei popoli e delle nazioni alla sovranità permanente sulle proprie risorse naturali, nel rispetto degli interessi del loro sviluppo nazionale e del benessere della popolazione del paese interessato. La risoluzione sottolineava inoltre la necessità di osservare la buona fede nel rispetto, da parte degli Stati, degli accordi relativi agli investimenti esteri nelle risorse naturali.
Da allora carte, trattati e accordi internazionali hanno affermato il diritto dei popoli a perseguire i propri obiettivi attraverso la libera disposizione delle proprie ricchezze e risorse naturali. In nessun caso un popolo può essere privato del proprio sostentamento e del proprio benessere, in particolare in un paese che galleggia sul petrolio.