
Aggiornato il 27/05/25 at 09:10 pm
di Shorsh Surme –——–“C’è qualcuno ancora vivo?”. E’ una domanda che la popolazione della Striscia di Gaza ripete ogni ora, in mezzo alle macerie dei continui bombardamenti israeliani che non fanno distinzioni tra civili e medici, né tra madri e bambini. L’aggressione israeliana di Gaza sta diventando sempre più feroce: le statistiche indicano che oltre il 70% delle vittime sono donne e bambini, in uno scenario quotidiano in cui la tragedia si ripete e le storie di perdita vengono raccontate con lacrime e dolore.
Il giornalista Bashir Jabr ha riportato che “Tra le storie dolorose c’è la tragedia della dottoressa Alaa al-Najjar, che ha perso nove figli della sua famiglia, compresi i figli di suo fratello, mentre svolgeva il suo dovere professionale e umanitario di curare i feriti del bombardamento del Complesso medico Nasser. Pensava che i bambini stessero bene in casa, ma in seguito scoprì che erano morti carbonizzati in un negozio accanto alla casa, che prese fuoco subito dopo essere stato preso di mira”. “Nello stesso momento – ha reso noto Bashir Jabr -, suo marito, il dottor Hamdi al-Najjar, giaceva privo di sensi nel reparto di terapia intensiva, ignaro che uno dei suoi figli giacesse ferito nella stanza accanto e che gli altri fossero deceduti. Quanto ad Alaa, che ha ricevuto la notizia dell’attentato mentre era al lavoro, si è precipitata dall’ospedale sul luogo dell’incidente, sfidando il pericolo, solo per trovare i suoi figli carbonizzati e i loro corpi sparsi per tutta la stanza.”
Un neonato di quattro mesi della famiglia risulta ancora oggi disperso. Il suo corpo si è sciolto sotto le fiamme e di lui non è stata trovata alcuna traccia. Questa tragedia non è un’eccezione, ma fa parte di una realtà più dura. I dati indicano che dall’inizio dell’aggressione sono stati commessi più di 12mila massacri, mentre circa 2.200 famiglie palestinesi sono state completamente cancellate dall’anagrafe.
A Gaza la morte è diventata una realtà comune e la perdita fa parte della vita quotidiana. Sebbene i medici continuino a svolgere con dedizione la loro missione umanitaria, spesso si ritrovano vittime, perdendo le loro famiglie e i loro cari sotto il fuoco dell’occupazione.