Nel Contesto dell’Occupazione Armena del 1992: Il Kurdistan Rosso e la Migrazione Forzata dei Curdi

Aggiornato il 09/05/25 at 12:25 pm

Il 17 maggio 1992, le forze armate dell’Armenia lanciarono un’operazione militare contro le regioni di Laçin, Kalbajar e Kubatlı, situate all’interno dei confini della Repubblica dell’Azerbaigian e storicamente abitate dai curdi. Queste regioni costituivano la base del “Kurdistan Rosso”, una zona autonoma istituita nel 1923 durante l’era sovietica, la cui esistenza, sebbene breve, ha avuto un’importanza simbolica significativa. Dopo il crollo dell’Unione Sovietica, la mappa politica della regione si è riformata in modi che hanno favorito non la convivenza multietnica, bensì conflitti su base etnica.

L’operazione militare del 1992 colpì direttamente gli insediamenti curdi, in particolare Laçin. Diversi rapporti di osservazione internazionali, tra cui quelli dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), hanno documentato la deportazione forzata dei civili, la distruzione delle aree residenziali e la morte di numerosi civili. In quel periodo, si stima che circa 15.000 curdi persero la vita e decine di migliaia furono deportati verso le regioni interne dell’Azerbaigian, Nakhchivan e il Kazakistan (UNHCR, 1993).

Valutando queste azioni dell’Armenia dal punto di vista del diritto internazionale, si può affermare che esse presentano caratteristiche riconducibili a crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Infatti, nel 2015 la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) ha condannato l’Armenia per le violazioni dei diritti umani perpetrate contro i civili durante l’occupazione, riconoscendo che le violazioni commesse erano in contrasto con i trattati internazionali (CEDU, 2015: Ricorso N. 48736/08).

Le azioni etniche post-sovietiche nel Caucaso, come questa, hanno provocato profonde ferite non solo fisiche ma anche nella memoria storica del popolo curdo. L’esperienza del Kurdistan Rosso è di importanza storica in quanto dimostra che i curdi potevano sperimentare forme di autonomia anche al di fuori di uno stato-nazione. La cancellazione di tale esperienza ha significato non solo una perdita territoriale, ma anche una distruzione identitaria.

Ricordare questa frattura storica è essenziale, non solo per i curdi del sud e dell’est del Kurdistan, ma anche per quelli del nord che vivono entro i confini della Turchia. Ogni trauma dimenticato equivale alla perdita di una parte dell’identità. Oggi, i curdi soggetti a politiche statali di assimilazione e negazione in Turchia, a volte finiscono per adottare un’identità “inferiore”, distaccandosi dai propri valori attraverso l’ammirazione per culture straniere. Tuttavia, i dolori vissuti a Laçin, Kalbajar e in ogni angolo del Kurdistan Rosso non sono soltanto eventi da commemorare con lutto, ma episodi da cui trarre insegnamenti per ricostruire una memoria collettiva. Un popolo è forte quanto la propria memoria.

 

Bibliografia

Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR). (1993). Rapporto sui Popoli Sfollati nel Caucaso.

Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU). (2015). X c. Armenia, Ricorso N. 48736/08.

Gökçe, M. (2012). I Curdi nell’Unione Sovietica e l’Esperienza del Kurdistan Rosso. Istanbul: Avesta Yayınları.

Kaya, Z. (2018). Luoghi della Memoria nel Kurdistan e la Migrazione Forzata. Ankara: Dipnot Yayınları.

Yıldız, K. (2005). I Curdi e il Diritto Internazionale. Istanbul: Belge Yayınları.