
Aggiornato il 12/12/24 at 06:32 pm
di Shorsh Surme –——–Aveva risposto “domani vedremo” il presidente siriano Bashar al-Assad a rimo ministro Muhammad Ghazi al-Jalali, il quale lo informava del repentino attacco dei jihadisti e degli sviluppi militari. Più deciso il leader dei jihadisti Abu Muhammad al-Julani, che nel primo discorso trasmesso dalla tv pubblica Ahmed al-Sharaaha affermato che: “Il futuro è nostro”.
È un dramma storico intriso di emozioni quello a cui si assiste oggi, che va dal sermone di al-Julani nella Moschea Bani Omayyad, all’apertura delle terribili prigioni degli omicidi e delle torture, all’ingresso nei palazzi della famiglia al-Assad, alla fuga del presidente in Russia.
Tuttavia si stratta di un dramma ancora agli inizi per il crogiolo di gruppi armati, etnie, minoranze religiose e quant’altro che da sempre contrappongono e fanno convivere gli uomini, salvo l’avvento di regimi come quello degli al-Assad, fatto di torture, prigioni, sevizie.
Si scriveranno molti capitoli, con sangue e lacrime, sugli anni dell’era al-Assad. Tuttavia, dopo aver consolato i defunti e guarito le ferite, è necessario preoccuparsi del prossimo giorno per la Siria. La Siria del dopo al-Assad.
C’è bisogno che il paese torni ad essere pacifico, con il suo arabismo che rispetta e preserva le culture diverse da quella araba: paese musulmano, uno dei pilastri della civiltà islamica, è anche l’antica patria dei cristiani, sin da prima dell’Islam, nonché casa degli ismailiti, dei drusi, dei curdi, degli alawiti e tanti altri gruppi ancora.