GAZA. UCCISI IN UN ATTACCO ISRAELIANO 3 FIGLI DEL LEADER DI HAMAS HANIYEH

Aggiornato il 11/04/24 at 09:06 pm

di Shorsh Surme –———Le forze israeliane hanno compiuto un raid aereo contro l’auto del leader politico di Hamas Ismail Haniyeh uccidendone i tre figli. Secondo i media israeliani l’attacco sarebbe stato compiuto senza consultare gli alti comandanti o leader politici, tra cui il primo ministro Benjamin Netanyahu, e l’agenzia di stampa Walla ha confermato che né Netanyahu né il ministro della Difesa Yoav Gallant erano stati informati prima dell’attacco, che è stato coordinato dall’esercito israeliano e dal servizio di intelligence Shin Bet.
Nella nota si afferma che Amir, Mohammad e Hazem Haniyeh sarebbero stati presi di mira in quanto combattenti e non perché figli del leader politico di Hamas. L’esercito israeliano non ha commentato le notizie secondo cui sarebbero morti anche quattro nipoti di Haniyeh.
L’uccisione dei parenti di Haniyeh ha aggiunto una potenziale complicazione ai negoziati volti a garantire la fine dei combattimenti a Gaza in cambio della restituzione dei 133 ostaggi israeliani ancora ritenuti detenuti nell’enclave assediata. Haniyeh ha detto che Hamas ha richieste “chiare e specifiche” per accettare qualsiasi pausa nei combattimenti.
“Il nemico si deluderebbe se pensasse che prendere di mira i miei figli, al culmine dei negoziati e prima che il movimento invii la sua risposta, spingerà Hamas a cambiare la sua posizione”, ha detto Haniyeh nel primo giorno della festa di fine Ramadan.
Le richieste globali per un cessate-il-fuoco sono aumentate, mentre la guerra è entrata nel suo settimo mese. A oggi sono stati compiuti pochi passi avanti nei colloqui. Hamas chiede la fine dell’offensiva israeliana, il ritiro delle forze israeliane e il permesso ai palestinesi sfollati di Gaza di tornare alle loro case.
Israele vuole garantire la restituzione degli ostaggi, ma afferma che non porrà fine alla guerra finché Hamas non sarà distrutto in quanto forza militare. Netanyahu sta ancora pianificando di assaltare la città meridionale di Rafah, dove si sono rifugiati più di un milione e mezzo di civili, che stanno vivendo in una situazione umanitaria drammatica.