Medioriente, la minaccia Isis costringe Arabia, Iran, Iraq, Egitto e Qatar a sedersi allo stesso tavolo per trovare una strategia comune

From left, Qatar's Emir Sheikh Tamim al-Thani, French President Emmanuel Macron, Saudi Foreign Minister Faisal bin Farhan, Iraq's Prime Minister Mustafa al-Kadhemi, Turkey's Foreign Minister Mevlut Cavusoglu, Jordan's King Abdullah II, and Arab League Secretary-General Ahmed Aboul-Gheit pose for a picture during the Baghdad Conference for Cooperation and Partnership in Baghdad, Saturday, Aug. 28, 2021. (Iraqi Prime Minister Media Office, via AP)

Aggiornato il 02/09/21 at 09:22 pm

 

Il fatto Quotidiano — Medioriente, la minaccia Isis costringe Arabia, Iran, Iraq, Egitto e Qatar a sedersi allo stesso tavolo per trovare una strategia comune

A Baghdad vertice dei paesi mediorientale, sotto la regia francese, per tentare di fare fronte comune contro la minaccia dell’Isis. Una situazione di emergenza che costringe stati animati da forti rivalità a mettere da parte gli elementi di contrasto. Cruciale il ruolo del Qatar che in Afghanistan potrebbe incaricarsi della gestione dell’aeroporto di Kabul

In molti si odiano, altri semplicemente si detestano, hanno tramato e complottato l’uno contro l’altro, amici non saranno mai, forse nemmeno alleati ma almeno stanno provando a chiudere un capitolo per far fronte a un nemico che sentono avanzare nei loro emirati, sultanati e repubbliche presidenziali: l’Isis. E’ questo il senso del vertice di Baghdad dove governanti e leader del Mondo Arabo si sono seduti allo stesso tavolo, c’era anche il capo della diplomazia dell’Iran. Garante – che non ci fossero coltelli sotto il tavolo e che il tè alla mente non fosse avvelenato – il presidente francese Emmanuel Macron. La presa dell’Afghanistan da parte dei Talebani e il ritorno dell’Isis sulla scena mondiale hanno costretto tutti ad un bagno di umiltà e affrontare la situazione con maggiore pragmatismo.

Gli organizzatori hanno tenuto la bocca chiusa sull’agenda del vertice, ma l’incontro arriva mentre l’Iraq, da tempo vittima del terrorismo dell’Is, cerca di affermarsi come mediatore tra i Paesi arabi e l’Iran. Baghdad è da anni “intrappolata” in un delicato equilibrio tra i suoi due principali alleati, Iran e Stati Uniti. L’Iran esercita una grande influenza in Iraq attraverso gruppi armati alleati all’interno dell’Hashd al-Shaabi, una potente rete paramilitare sponsorizzata dallo Stato. Gli Usa hanno in Qatar la più grande base militare fuori dal territorio nazionale e senza l’aiuto di Doha la ritirata da Kabul sarebbe stata ancora più sanguinosa. Baghdad ha anche negoziato lo scorso aprile le trattative tra l’Arabia Saudita, alleata degli Stati Uniti, e l’Iran per ricucire i legami interrotti nel 2016.

C’erano i “carissimi nemici”, Egitto e Qatar seduti allo stesso tavolo e il presidente egiziano Abdel Fasttah al Sisi si è a lungo trattenuto a colloquio con l’emiro del Qatar Tamim bin Ahmed al Thani, dopo anni di gelo diplomatico. Il Qatar negli anni passati ha sempre sostenuto la Fratellanza musulmana in Egitto, il nemico giurato dell’attuale regime. Un clima disteso fra i due leader anche se privo di grandi risultati, se non la ripresa dei collegamenti aerei fra i due Paesi. C’era re Abdullah di Giordania, il cui trono traballante è stato oggetto di trame dell’Arabia Saudita per rovesciarlo in favore del più giovane (e malleabile) fratellastro. Poco distante il ministro degli Esteri saudita in tirato quanto poco convincente sorriso. Sono oltre 4mila i volontari giordani che si unirono all’Is negli anni passati, il risentimento per il fallimento economico è benzina per le cellule dormienti sparse nel regno hashemita, specie sul labile confine desertico con l’Iraq. Continua leggere articolo