Iraq: ancora scontri a Nasiriya, ucciso un altro manifestante

Aggiornato il 27/02/21 at 09:48 pm

Sicurezza Internazionale —- Un manifestante è morto e almeno altri 30 iracheni sono rimasti feriti nel corso delle proteste che continuano a interessare la città di Nasiriya, capoluogo del governatorato Dhi Qar, nel Sud dell’Iraq.

Sebbene la situazione sembrasse assistere a una calma apparente nella mattina del 25 febbraio, nelle ore successive sono scoppiati nuovi scontri tra i gruppi di manifestanti locali e le forze dell’ordine, le quali sono state viste impiegare gas lacrimogeni e proiettili vivi. Stando a quanto riporta al-Arabiya, sulla base delle informazioni fornite da fonti irachene, il bilancio delle vittime delle ultime tensioni include più di 30 feriti, i quali vanno ad aggiungersi agli altri 73 registrati nei tre giorni precedenti. I morti salgono, invece, a 4, l’ultimo dei quali deceduto nella sera del 25 febbraio.

Alla base delle proteste vi è la richiesta degli abitanti di Dhi Qar di licenziare il governatore Nazem al-Waeli e il suo entourage, alla luce di un quadro economico e sociale in continuo peggioramento. Inoltre, come riportato dal vicegovernatore, Hazem Al-Saeedi, i manifestanti richiedono di portare davanti alla giustizia coloro che sono coinvolti in casi di corruzione o che sono ritenuti essere responsabili delle uccisioni di attivisti e manifestanti.

Nel frattempo, una squadra di funzionari di alto livello si è recata a Dhi Qar, il 25 febbraio. Tra i rappresentanti inviati dal premier, Mustafa al-Kadhimi, vi sono stati il ministro dell’Interno, Othman Al-Ghanimi, e il consigliere per la sicurezza nazionale, Qasim Al-Araji, i quali hanno tenuto incontri, a Nasiriya, con i leader tribali e i rappresentanti dei manifestanti. Tuttavia, come specificato dal vicegovernatore, non sono stati rivelati particolari dettagli sul meeting. Da parte sua, il primo ministro al-Kadhimi ha precedentemente promesso di rispondere alle richieste dei manifestanti, prima fra tutte il licenziamento di al-Waeli, ma i cittadini iracheni hanno manifestato una mancanza di fiducia, mentre continuano a testimoniare repressione e uccisioni.

Il governatorato di Dhi Qar, abitato da circa due milioni di persone, è considerato un “focolaio ancora attivo”, dove i residenti protestano da anni contro la cattiva gestione dell’amministrazione locale, la precarietà dei servizi pubblici di base e la mancanza di opportunità di lavoro. Già l’8 gennaio, il capoluogo meridionale aveva assistito a violente manifestazioni, nate a seguito dell’arresto di un attivista civile, Ihsan al- Hilali, del 5 gennaio. Dopo proteste che avevano causato la morte di un agente di polizia, oltre che al ferimento di circa 33 individui, tra manifestanti e forze dell’ordine, gli abitanti di Nasiriya avevano accettato una tregua, a condizione che non fossero arrestati altri attivisti pacifici. Tuttavia, dopo settimane, la popolazione è scesa nuovamente in piazza.

L’Iraq è stato testimone di continue proteste dal primo ottobre 2019, quanto manifestanti iracheni erano scesi per le strade di Baghdad e di diverse città meridionali per richiedere le dimissioni del governo, del Parlamento e del capo di Stato, così come elezioni anticipate sotto l’egida delle Nazioni Unite, una nuova legge elettorale e l’istituzione di un tribunale speciale per i casi di corruzione, che portasse davanti alla giustizia responsabili e imputati dal 2003, sul modello del tribunale del precedente regime. Il popolo ha da sempre evidenziato, oltre al malfunzionamento di governo e servizi e alla dilagante corruzione, anche la disoccupazione, in particolare giovanile, e, a seguito dell’escalation verificatasi a cavallo tra il 2019 ed il 2020, era stata messa in luce l’influenza di Washington e Teheran nel Paese.

In tale quadro, il 23 maggio 2020, l’Ufficio per i diritti umani della Missione dell’Onu in Iraq (UNAMI) ha pubblicato un report in cui sono stati documentati 99 casi di sequestro e sparizione, riguardanti 123 vittime, 25 delle quali tuttora disperse, connessi ai movimenti di protesta e repressione. Il rapporto dell’ufficio Onu ha altresì riferito che, oltre ai 99 rapimenti, alle circa 500 persone uccise e a quasi 8.000 feriti, vi sono stati cittadini uccisi da gruppi armati non identificati, lontano dalle arene di protesta, o che sono stati feriti nel corso del periodo di rapimento e detenzione da parte dei medesimi autori. Secondo alcuni agenti e politici iracheni, i manifestanti potrebbero essere stati attaccati da gruppi filoiraniani, mentre per altri membri del governo potrebbe essersi trattato di bande criminali, sebbene tale ultima ipotesi sia stata scartata dall’Onu, vista l’assenza di riscatti o altri moventi di natura criminale.