Quasi 100 attivisti curdi detenuti dalle forze di sicurezza iraniane nel 2021 La sorte di almeno 40 attivisti curdi resta ignota

Aggiornato il 06/02/21 at 09:57 pm

di Fred Petrossian (globalvoices.org)—-  All’inizio del 2021, la Repubblica islamica dell’Iran ha iniziato un nuovo capitolo di repressione contro la sua popolazione curda, scatenando un’ondata di arresti contro civili attivisti curdi.

Secondo alcuni rapporti [fa], dall’inizio del 2021 almeno 91 cittadini curdi, tra cui artisti e attivisti per i diritti umani e ambientali sono stati arrestati o “fatti sparire dalle forze di sicurezza” in diverse città da Tehran a Sanandaj, il capoluogo della provincia del Kurdistan iraniano.

Una lettera congiunta pubblicata il 3 febbraio su iniziativa del Kurdistan Human Rights di Ginevra (KMMK-G) [en, come i link seguenti, salvo diversa indicazione], con sede in Svizzera, sostiene che alcuni dei detenuti siano stati rilasciati ma che altri 89 rimangano dietro le sbarre e almeno 40 siano stati vittime di ‘sparizioni forzate’.

Più di 50 attivisti curdi hanno chiesto ufficialmente allo Stato iraniano il rilascio immediato delle persone detenute.

Lo Stato iraniano ha una lunga storia di persecuzione nei confronti della sua minoranza curda. Un rapporto del 2008 di Amnesty International cita esempi di “discriminazione religiosa e culturale nei confronti dei circa 12 milioni di curdi che vivono in Iran e formano circa il 15% della popolazione”.

Global Voices ha intervistato Taimoor Aliassi, co-fondatore e direttore esecutivo della Association of Human Rights in Kurdistan (KMMK-G), con sede in Svizzera, per capire cosa c’è dietro questa nuova ondata di repressione da parte del regime.

L’intervista è stata editata per chiarezza e lunghezza.

Quali sono le ragioni dei recenti arresti?

 

Prima di rispondere a questa domanda è necessario notare che le cause e la scala della repressione e delle violenze contro il popolo curdo e altre minoranze in Iran sono inerenti alla nascita della Repubblica islamica.

Nell’agosto 1979, l’Ayatollah Khomeini, allora il leader supremo dell’Iran, dichiarò una guerra santa contro il popolo curdo dipingendolo come anti-islamico e contro rivoluzionario semplicemente perché essi erano favorevoli alla creazione di uno stato laico e democratico in Iran. Da allora i curdi sono stati stigmatizzati, marginalizzati e esclusi dalla partecipazione alla vita pubblica, percepiti e trattati come un gruppo ostile dallo Stato iraniano e dai suoi media.

Per rispondere alla sua domanda, dall’inizio di gennaio, oltre alla recente repressione e agli arresti di massa organizzati di cittadini curdi, stiamo assistendo anche a una campagna di intensa stigmatizzazione [fa], demonizzazione e criminalizzazione dei cittadini curdi da parte dei media iraniani (Seda va Sima e Fars News). Il sistema di governo della Repubblica islamica dell’Iran dipende fortemente dall’uso della violenza e dalla diffusione della paura.

Data l’attuale crisi interna politica, economica, socio-culturale, ambientale e sanitaria che il regime deve affrontare, e la sua incapacità di risolvere le sfide dell’Iran, crediamo che il regime tema di perdere controllo sul popolo e che il modo migliore che abbia per mostrare di essere ancora in controllo sia intensificare la violenza e la repressione, in particolare nelle regioni abitate da minoranze etniche e marginalizzate. È per questo che da gennaio sono stati giustiziati sedici cittadini beluci, mentre cinque prigionieri arabi ahwazi sono a rischio imminente di esecuzione.

Ci sono dei collegamenti tra gli individui arrestati e qualche organizzazione? Sono coinvolti in qualche progetto comune?

 

I detenuti sono membri della società civile e includono studenti, attivisti per l’ambiente, attivisti culturali, musicisti e studiosi. Per esempio cinque delle donne detenute sono membri di una band femminile curda chiamata “Gelaris”, della città di Kermanshah.

Avete informazioni sui detenuti e le accuse contro di loro? Siete riusciti a mettervi in contatto con le loro famiglie o i loro legali?

 

La sorte e l’ubicazione di cinquantuno degli arrestati sono ancora ignote. Durante l’arresto le abitazioni di trentuno dei detenuti sono state perquisite e gli effetti personali di cinque di loro sono stati confiscati. Altri cinque sono stati vittime di violenze fisiche durante gli arresti.

Le famiglie delle cinquantuno persone soggette a sparizione forzata subiscono costanti minacce da parte della Guardie rivoluzionarie quando cercano informazioni sui loro cari, ed è stato loro ordinato di non comunicare con la stampa e le agenzie dell’ONU. Gli è stato anche riferito che ai detenuti non sarà permesso vedere un legale durante le indagini, cosa che aumenta il rischio di confessioni ottenute tramite tortura. Le famiglie sono estremamente preoccupate per la sorte dei propri cari, ma le autorità iraniane si rifiutano di fornire informazioni sui detenuti.

Queste misure da parte dello Stato iraniano costituiscono una chiara violazione dell’articolo 14 della Convenzione internazionale sui diritti civili e politici (ICCPR) di cui l’Iran è uno stato firmatario, dato che pongono gravi limitazioni ad avvocati e difesa legale. Percosse, maltrattamenti, tortura, detenzione in isolamento, sparizioni forzate e arresti arbitrari dei detenuti sono tutte infrazioni, non solo della convenzione, ma anche della legge iraniana.

Un gruppo di attivisti curdi, civili e politici, ha scritto una dichiarazione in protesta di questa ondata di arresti di massa. Si sono uniti anche attivisti iraniani non curdi alla protesta?

 

Il 3 febbraio abbiamo pubblicato una dichiarazione congiunta, sostenuta da 36 organizzazioni della società civile e gruppi per i diritti umani, tra cui Amnesty International e Human Rights Watch (HRW), per sollecitare l’attenzione della comunità internazionale sull’ondata di arresti arbitrari, detenzioni in isolamento e sparizioni forzate in corso a opera delle autorità iraniane, che prendono di mira grandi numeri di persone appartenenti alla svantaggiata minoranza curda.

Che impatto crede che potrebbero avere queste organizzazioni internazionali su questa situazione?

 

Speriamo che la pressione da parte dell’ONU, dell’UE e della comunità internazionale spinga le autorità iraniane a fermare la loro campagna di demonizzazione e intensificata repressione contro le minoranze etniche e religiose in Iran, nonché di tutti i cittadini iraniani.

La minoranza curda è messa sotto pressione e subisce persecuzioni da decenni. L’anno scorso centinaia di curdi sono stati arrestati. C’è una differenza tra questa ondata di arresti e le precedenti?

 

Dal 2020 stiamo vedendo un nuovo schema di persecuzione e condanne a morte per fucilazione di prigionieri politici curdi in Iran, esecuzioni di gruppo e sparizioni dei prigionieri e dei loro corpi e negazione dell’ultima visita da parte della famiglia prima dell’esecuzione. Questo schema era comune negli anni ’80.

L’esecuzione segreta tramite fucilazione e la sparizione forzata di Hedayat Abdollahpour, un prigioniero politico curdo, avvenuta l’11 maggio 2020 in una base militare a Oshnavieh, nella provincia dell’Azerbaijan occidentale, eseguita nonostante la preoccupazione e le numerose richieste sollevate dagli esperti dell’ONU, così come l’esecuzione di gruppo di Saber Sheikh Abdullah e Diako Rasulzadek, esemplificano questo nuovo schema di esecuzioni di prigionieri appartenenti a minoranze etniche e non solo in Iran.

La recente repressione nei confronti della società civile curda indica questo nuovo schema di persecuzione e il ciclo di violenza, contro membri di minoranze etno-religiose in particolar e in Iran in generale. Questo richiede una posizione più dura da parte delle Nazioni Unite e dei Paesi occidentali nei confronti dell’Iran e della questione del rispetto dei diritti umani e delle minoranze in Iran, anche come parte delle nuove negoziazioni tra Unione Europea e Iran.