TURCHIA: Helin Bolek, Mustafa Kocak e Ibrahim Gokcek muoiono in sciopero della fame

Aggiornato il 16/05/20 at 10:37 pm

di Gianni Sartori — La morte in sciopero della fame di tre militanti della sinistra in Turchia ha suscitato diverse reazioni – per quanto tardive – nell’opinione pubblica democratica. Sicuramente, va detto, molto più dell’anno scorso quando una decina di prigionieri curdi si erano tolti la vita per protestare contro le durissime condizioni carcerarie.
Un breve riepilogo.

Il 24 febbraio 2020 il prigioniero politico turco Ibrahim Gökçek (comunista e bassista della band Grup Yorum), in sciopero della fame dal 17 maggio 2019, veniva rilasciato. Secondo i medici dell’Istituto di Medicina Forense che lo avevano visitato il suo stato di salute, le sue condizioni fisiche apparivano ormai incompatibili con la carcerazione.
E finalmente – dopo mesi – poteva riabbracciare un’altra componente della band, Helin Bolek. La cantante e strumentista curda a sua volta in sciopero della fame da 253 giorni.
Per la cronaca ricordo che Grup Yorum talvolta si è mostrato critico nei confronti del PKK (il partito curdo fondato da Ocalan) in quanto “separatista ed etnicista”. Da parte loro gli indipendentisti curdi considerano i loro fratelli integrati in Grup Yorum (come appunto Helin Bolek) “compagni ma forse assimilati”. Si tratta di “contraddizioni in seno al popolo” che comunque, a mio avviso, non possono raffreddare la reciproca solidarietà e l’unità nella lotta contro il regime di Erdogan e l’imperialismo.
Come era prevedibile, conoscendo il coraggio e la determinazione di tali militanti, Helim e Ibrahim avevano deciso di proseguire insieme la loro azione di protesta nella Casa della Resistenza a Kucuk Armutlu (quartiere di Istanbul storicamente di sinistra). Protesta radicale, estrema per la libertà artistica e di espressione. Anche se entrambi alla fine di febbraio pesavano meno di 40 chilogrammi, con i piedi che iniziavano a farsi lividi. Segnale preoccupante del peggiorare implacabile delle loro condizioni di salute.
E non cambiavano le loro richieste:
Liberazione per tutti i membri del Grup Yorum e proscioglimento delle imputazioni nei loro confronti
Fine dei raid della polizia nel loro Centro Culturale
Rimozione della taglie nei confronti dei membri della band e cancellazione del mandato di arresto
Rimozione del divieto per i loro concerti

Con il senno di poi, vista la tragica fine toccata sia a Helin Bolek che a Ibrahim Gökçek, questa piccola vittoria (il rilascio di Ibrahim) costituiva soltanto un rinvio, un palliativo. Permaneva – e permane – gravissima la situazione complessiva dei prigionieri politici mentre la repressione si inasprisce ulteriormente.
Emblematico il caso di un’altra musicista curda, la cantante Nuden Durak in prigione ormai da cinque anni. Soltanto per aver cantato e insegnato musica in curdo, la sua lingua madre.
Attualmente detenuta nella prigione chiusa di Mardin, in base alla condanna subita (19 anni) dovrebbe tornare in libertà nel 2034.

Nata a Cizre, Nuden Durak insegnava ai bambini della sua città i canti tradizionali. Ovviamente in lingua curda.
Arrestata nel 2015, era stata condannata in un primo tempo a dieci anni (per aver “promosso propaganda curda”).
L’anno successivo, senza nemmeno nuove accuse, la sua pena venne praticamente raddoppiata.

Del resto fino a non molti anni fa perfino la parola “Curdo” era proibita. Cantare in curdo poi, assolutamente impensabile*.

IL TRAGICO EPILOGO
Ridotta ormai a trenta chili di peso, Helin Bolek è morta il 3 aprile dopo 288 giorni di sciopero della fame (trasformato da gennaio in death fast) nella sua abitazione nel quartiere Sariyer.
Era stata arrestata l’anno scorso insieme a Ibrahim Gokcek durante una perquisizione domiciliare nel Centro culturale Idil a Istanbul. Entrambi venivano accusati di far parte del Fronte rivoluzionario di liberazione del popolo (DHKP-C), organizzazione di sinistra illegale. Rilasciata nel novembre 2019 aveva proseguito nella sua azione di protesta contro la repressione nella “Casa della Resistenza”.
Da qui l’11 marzo sia Helim che Ibrahim erano stati prelevati con la forza dalla polizia e condotti all’Ospedale di Umraniye per essere sottoposti all’alimentazione forzata. Erano riusciti a impedirlo rifiutando l’intervento medico e proseguendo nella sciopero. Fino al tragico epilogo.**

La cerimonia di commemorazione per Helin si è svolta il 3 aprile nella casa alevita del quartiere di sinistra Küçük Armutlu.
Nonostante l’epidemia in corso, molte persone hanno voluto esprimere la loro vicinanza e solidarietà alla famiglia della militante deceduta: Dopo un minuto di silenzio, si è levato il grido di “Grup Yorum è il popolo, voi non potete farlo tacere”.
Anche se costretto in una carrozzella per lo sciopero della fame, era naturalmente presente Ibrahim Gokcek. Rivolgendosi al governo ha detto: “Non importa cosa altro ci aspetta, vinceremo noi”.
E aveva continuato: “Voi liberete Mustafa Kocak (altro membro della band condannato all’ergastolo e deceduto in sciopero della fame venti giorni dopo Helim nda) e gli altri componenti di Yorum. Senza alcun motivo ci avete messi nelle liste dei ricercati. Voi lo revocherete. Come potrete rendere conto di quanto è accaduto? Non sarete in grado di farlo”.
Si era poi rivolto alla folla invitando tutti a “opporre insieme resistenza”.
Purtroppo, come forse era prevedibile, dopo Helin Bolek e Mustafa Kocak anche Ibrahim ha perso la vita. Il 5 maggio (coincidenza: il giorno della morte di Bobby Sands, 39° anniversario) aveva sospeso lo sciopero della fame dopo che le autorità turche avevano garantito la possibilità di un concerto pubblico per Grup Yorum. Estremamente debilitato, veniva ricoverato all’ospedale dove è morto due giorni dopo per le complicazioni sorte nel frattempo. Ovviamente non si può escludere che il suo decesso sia stato in qualche modo indotto.
Soprattutto pensando a come la polizia ha attaccato i familiari e gli amici che lo accompagnavano nell’ultimo viaggio (arrivando a sequestrare il feretro). Inoltre alcuni fascisti turchi hanno minacciato di prelevare il cadavere dalla tomba per bruciarlo in segno di disprezzo.
Un tentativo in tal senso era stato stroncato soltanto dalla vigilanza dei militanti di sinistra a guardia del cimitero.
Gianni Sartori

*nota 1: Negli anni novanta avevo intervistato Hevi Dilara (il suo nome curdo, ma sui documenti risultava turchizzato – forzatamente – come “Bengin Aksun”) ugualmente arrestata perché cantava in curdo. Hevi venne anche ripetutamente torturata. “Mi portavano davanti a mio padre svestito e con gli occhi bendati – raccontò – torturavano me e minacciavano di ucciderlo; poi torturavano lui davanti ai miei occhi e dicevano che dovevamo pentirci perché avevamo cantato in curdo. Poi, viceversa, svestivano me, bendavano i miei occhi quando c’era mio padre davanti a me, mi torturavano con il manganello facendo cose molto brutte, delle cose che non si possono nemmeno raccontare…Soprattutto quando mio padre era davanti a me, mi torturavano con getti d’acqua intensa o corrente elettrica alle dita e alle parti intime del corpo; tutto questo è durato quindici giorni…”.

** nota 2: Sull’incredibile resistenza dei prigionieri in sciopero della fame sgombriamo il campo dagli equivoci. Al solito, qualcuno ha suggerito confronti con lo sciopero della fame del 1981 costato al vita a dieci Repubblicani irlandesi. I sette militanti dell’IRA e i tre dell’INLA morirono mediamente dopo un paio di mesi di astensione dal cibo. Bisogna però precisare che la maggior durata di questi scioperi nelle prigioni turche (così come di quelli in cui persero la vita oltre un centinaio di militanti della sinistra rivoluzionaria turca venti anni fa) è dovuta ad alcuni accorgimenti, come l’utilizzo preventivo di vitamine e integratori. In realtà quella che si prolunga è soprattutto l’agonia, la sofferenza per i militanti che comunque, anche in caso di eventuale sospensione, rischiano danni irreparabili, sia fisici che mentali.

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