Presentato a Ferrara il documentario “Dust, la seconda vita”

Aggiornato il 03/05/18 at 04:39 pm


Cosa vuol dire vivere in un campo profughi? Due giornalisti italiani, Stefano Rogliatti e Stefano Tallia, sono andati lo scorso giugno nel Kurdistan iracheno per scoprire il lavoro di Medici Senza Frontiere e di altre Ong nel campo di Domiz. Dust, la seconda vita è…. stato presentato al festival di Internazionale a Ferrara e racconta la storia di donne e uomini in fuga dall avanzata dell’ Isis in Siria e Iraq, persone che hanno perso in un attimo tutto ciò che avevano: casa, lavoro, affetti. L’ impatto principale è stato quello di trovarsi davanti gente normale, come noi, che però ha tanta paura, paura di non tornare a casa e di non vedere un futuro. Lì si trovano medici, infermieri, professionisti. E allora quello che è balzato agli occhi è che la gente che subisce l’attacco e che è costretta a fare questa fuga si mette a disposizione degli altri: vediamo l’infermiere curdo, l infermiere siriano, vediamo il medico yazida: questa è una comunità, una comunità che lavora con gli altri e per gli altri. MSF l hanno capito veramente e bene e lo stanno sfruttando alla grande. Dust riflette sul tema dei profughi, oggi di drammatica attualità anche in Europa. Ma il documentario mostra come nei campi di queste zone del mondo vivano non migliaia ma milioni di persone accolte dalle strutture locali. Persone in molti casi ormai destinate a restare nel paese d accoglienza, dove si costruiscono una seconda vita. In realtà noi abbiamo voluto raccontare quello che accade in Kurdistan da dove ormai tre anni vive un milione di rifugiati su una popolazione di 5 milioni di persone e potete immaginare l’impatto che il deteriorarsi della situazione, in quell area e l’estendersi della guerra ha determinato. Dove siamo andati noi siamo vicinissimi alle zone di conflitto, a circa 30/40 chilometri da Mozul, abbiamo raccolto le storie dei siriani, degli iracheni, dei cattolici, dei musulmani e degli yazidi che sono in fuga perché la guerra non fa assolutamente distinzione, fuggono persone appartenenti a tutte le nazionalità e a tutte le confessioni religiose.

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