Kurdistan: partiti in fermento, ma resta l’unità. Intervista a Nazim Dabbagh, rappresentante a Teheran

Aggiornato il 03/05/18 at 04:39 pm


di Ehsan Soltani

dabaqh nazim grandeI curdi sono un popolo appoggiato su quattro nazioni. Un’unica lingua per quattro mondi, una sola identità che ogni giorno si deve rapportare con quattro diversi governi centrali e con un’infinità … di problematiche diverse, si pensi al conflitto siriano o alle azioni militari in corso della Turchia contro il Pkk.
E, come avviene ovunque, vi sono idee diverse che si confrontano ed anche si scontrano, partiti politici che guardano all’insieme curdo, ma anche alla realtà sociale e politica siriana, turca, iraniana e irachena. Solo in quest’ultimo caso, tuttavia, i curdi hanno trovato una connotazione geografica ufficiale e riconosciuta, dopo essere stati perseguitati dal regime di Saddam Hussein: si tratta della Regione autonoma del Kurdistan iracheno, che ha proprie Alte rappresentanze all’estero. In passato Notizie Geopolitiche aveva sentito Rezan Kader, Alto rappresentante a Roma, oggi abbiamo voluto discutere della complessa ma interessante realtà dei curdi con il suo collega Nazim Dabbagh, rappresentante della Regione autonoma in Iran.
Nazim Dabbagh ha 68 anni e nel 1991, durante la rivolta curda contro Saddam Hussein era stato comandante delle operazioni militari nel teatro di Dahuk.
Con la fondazione della Regione autonoma del Kurdistan irq., è stato responsabile del partito dell’Unione Patriottica per la provincia di Dahuk, poi capo dell’ufficio politico del partito a Erbil, viceministro della Pubblica istruzione per più gabinetti e rappresentante di Jalal Talabani e dell’Unione Patriottica al Congresso nazionale curdo a Bruxelles.
– Dr. Dabaqh, dopo dieci anni (due periodi legali di 4 anni e 2 anni su accordo tra il Partito democratico del Kurdistan “Pdk” e l’Unione Patriottica del Kurdistan “Puk”), il 19 agosto è stato l’ultimo giorno di presidenza di Masud Barzani. Secondo la Costituzione del governo regionale, il presidente può rimanere in carica solo per due periodi consecutivi di 4 anni. Al momento il Pdk insiste per un’ulteriore proroga del mandato di altri due anni, per poi giungere a elezioni, mentre il Puk, il Movimento per il Cambiamento (Gorran), l’Unione Islamica Curda (Yik) e il Gruppo Islamico del Kurdistan (Komel) sono contrari ad un quarto mandato, ma fino ad oggi gli incontri fra i quattro partiti di opposizione e il Pdk non hanno prodotto risultati. Come valuta la situazione?
“La questione della presidenza della Regione autonoma del Kurdistan irq. comporta alcuni cambiamenti, come la riforma elettorale e la possibilità di prorogare la guida del presidente Masud Barzani. Al momento i partiti non hanno trovato l’accordo, a parte il piano stabilito il 17 novembre che contempla due possibilità, ovvero che il presidente della Regione venga eletto dal parlamento e che gli siano attribuiti ampi poteri, oppure che sia eletto dal popolo, ma quale figura di rappresentanza e con meno poteri. I partiti sono chiamati a prendere una decisione immediatamente dopo il “Id al-aha”, la festa del Sacrificio che si è giusto tenuta ieri.
La domanda chiave rimane sul tavolo: è possibile forzare la Costituzione e quindi dare la possibilità a Masud Barzani di ricandidarsi nuovamente?
Secondo me un’eventuale estensione della presidenza Barzani per altri due anni non rappresenta in sé un problema, ma crea un precedente, ed è qui il vero problema.
A guardare come si stanno muovendo i vari partiti, non sembra che la questione sia destinata a risolversi in breve tempo, per quanto sarebbe sufficiente trovare un accordo sulla transizione e sui poteri per chiudere il caso.
Oggi il popolo curdo si trova a dover superare una crisi importante determinata da una serie di fattori, e gli viene detto che risolvere la questione della presidenza è essenziale per affrontare la crisi stessa, ma è invece necessario gli interessi della nazione curda e del popolo siano considerati al di sopra di qualsiasi interesse individuale e di partito. Per cui io ritengo che il problema rimanga tecnico: Barzani è un combattente ed un personaggio famoso, un emblema per il popolo curdo, ma resta la questione della legittimità, ovvero del rapporto tra la legge e la transizione dei poteri”.
kurdisrtan fuori 6– Perché l’Unione Patriottica non si è detta d’accordo per la proroga del mandato a Barzani, come invece lo era stata nel 2013?
“Questa domanda dovrebbe essere rivolta all’Unione Patriottica. Come membro dello stesso partito posso dire che già due anni fa ci eravamo posti il problema e ci eravamo dati il tempo per arrivare ad una posizione chiara, un rinvio che abbiamo pagato perdendo sostenitori. D’altro canto va detto che l’accordo che avevamo raggiunto con il partito di maggioranza non è stato applicato pienamente, se non per quanto riguarda la proroga della presidenza di Barzani.
Oggi, a differenza del passato, l’Unione Patriottica si trova in una realtà che vede più partiti, ed il Partito Democratico si trova in un governo di coalizione con il Movimento per il Cambiamento”.
– Il 5 agosto Rudaw Tv, emittente vicina al premier Nechirvan Barzani, ha riportato che il generale iraniano Qassem Suleimani, comandante della Brigata al-Quds, si era incontrato il giorno prima con Masud Barzani e con lo stesso premier, e che era accompagnato da un alto funzionario il quale portava un messaggio dell’Iran indirizzato ai partiti d’opposizione, l’Unione Patriottica e il Gorran, dove si auspicava la proroga del mandato al presidente Barzani e il non indebolimento dei suoi poteri “quale leader del Kurdistan irq. in questa situazione delicata che vede la lotta all’Isis”. Non le sembra un’intromissione negli affari interni di una potenza straniera?
“Io stesso, nella mia qualità di Alto rappresentante della Regione autonoma del Kurdistan irq. a Teheran, ero presente ad alcuni di questi incontri. In relazione all’episodio che cita, mi sono informato presso alcuni delegati e posso dire che il parare del generale Qassem Suleimani, cioè dell’Iran, era ed è dettato dalla necessità che in questo delicato momento la Regione autonoma abbia necessità di stabilità e sicurezza. Pur considerando e rispettando la piena autonomia decisionale della Regione, è stato espresso un invito ai partiti di non compromettere i rapporti con gli altri partiti.
In realtà sono stati fatti più nomi per la presidenza, tra i quali quello di Barzani, e gli iraniani ritengono che i partiti, nel loro stesso rispetto, possano arrivare ad un accordo. L’Iran non appoggia una persona specifica, chiede solamente che i partiti non litighino in questa fase delicata con la guerra alle porte.
Va detto inoltre che i delegati iraniani erano presenti a questi incontri nella veste di ascoltatori, e che sono intervenuti solo per sollecitare un accordo e per auspicare l’unità fra la Regione autonoma e l’Iraq”.
– Ari Hersin, capo della Commissione Peshmerga nel parlamento del Kurdistan e uno dei principali esponenti del Pdk, il mese scorso ha avvertito i partiti dell’opposizione della necessità di prorogare la presidenza di Barzani, poiché la Regione autonoma ha davanti due opzioni, ovvero tornare al “sistema delle due amministrazioni” (separazione delle province fra i due partiti principali, il Pdk e il Puk, come si era fatto negli anni Novanta), oppure la “guerra civile fra le fazioni opposte”. Secondo Lei la mancata estensione dell’incarico a Barzani potrà davvero sfociare in uno scontro violento fra le parti?
“Mah, Hersin è libero di esprimere le proprie opinioni, ma basta fare attenzione per vedere che si tratta di una posizione opposta a quella del presidente Barzani, il quale ha anche detto in modo deciso che non ci sarà posto per chi parla di dividere il Kurdistan.
Possiamo porci questa domanda: noi curdi ci lamentiamo perché la nostra regione è divisa su quattro nazioni (Siria, Iraq, Turchia, Iran, ndr.)… a chi dare quindi la colpa per un’ulteriore divisione del Kurdistan irq. in tre parti?
Non vi sono ne’ orgoglio ne’ onore in una guerra civile che ha diviso il Kurdistan e che ha portato a un sistema politico con due governi e con due amministrazioni.
Se è quello che piace a Hersin, se lui è contento e soddisfatto di quel passato, è una cosa che riguarda lui e l’approccio del suo partito sulla questione”.
– Parliamo dei curdi della Turchia. Dopo quasi tre anni sono falliti i negoziati di pace fra autorità turche e il Pkk, e dopo tre anni l’esercito turco ha bombardato i villaggi, gli obiettivi logistici, le caserme e le basi del Pkk nel nord del Kurdistan irq., un’azione che finora ha portato alla morte di almeno 960 membri del Partito Curdo dei Lavoratori. Le province a maggioranza curda nell’est della Turchia si trovano in una situazione molto critica e pericolosa. Selahattin Demirtaş, leader del “Hdp” (Partito Democratico dei Popoli, filocurdo) in un’intervista al quotidiano Hurriyet ha dichiarato che i fattori principali del fallimento dei negoziati di pace sono stati il rifiuto del governo turco di produrre una legge volta a disarmare i miliziani del Pkk e la crescente popolarità del Hdp, che con le elezioni del 7 giugno è entrato in Parlamento superando lo sbarramento del 10% (ha preso il 12,7%, ndr.), cosa che ha avuto come conseguenza la sconfitta dell’Akp di Erdogan, che si mantiene primo partito, ma senza la maggioranza assoluta e quindi nell’impossibilità di governare. Anche Lei ritiene che gli accordi di pace siano naufragati per gli stessi motivi e quale ruolo hanno avuto il presidente Erdogan e le autorità di Ankara in tale fallimento?
“I curdi sono una realtà importante della Turchia, e la lotta armata ha avuto inizio molti anni fa. Specialmente al tempo del presidente turco Turgut Özal e di Mam a Jalal Talabani sono stati proposti accordi di pace e un piano per risolvere in modo pacifico la questione fra i curdi e i turchi. Tuttavia dal 1986 ad oggi vi sono state ben 25 operazioni militari dell’esercito turco contro il Pkk e il popolo curdo. Ed anche tre anni fa il presidente Erdogan aveva promesso ai curdi la ripresa dei negoziati di pace, e Masud Barzani e Jalal Talabani avevano appoggiato quest’iniziativa.
La domanda ora è la seguente: negli ultimi tre anni i curdi si sono impegnati nel cessate-il-fuoco, ma il governo turco ha mantenuto le promesse fatte ai curdi? Si parla dei due poliziotti uccisi… ma perché non si guarda al massacro di Suruc, costato la vita a decine di giovani, donne e bambini? Se il processo di pace fosse stato appoggiato su basi solide, non sarebbero stati due eventi ad incrinarlo e ad avviare una guerra che sta costando centinaia di vittime da entrambe le parti.
Io condanno l’assassinio dei poliziotti ed anche la strage di Suruc, ma secondo me Erdogan ha deciso di cominciare una guerra in Turchia, non sono stati i curdi a inizia. Ora le due parti devono tornare al tavolo del dialogo.
La linea secondo cui finché non verrà sciolto il Pkk non si fermeranno le operazioni militari c’era anche in Iraq, quando l’ex regime si è scontrato con il fallimento del Trattato di Algeri. I curdi che allora deposero le armi vennero sfollati, come pure vennero interdetti a Jalal Talabani e a Maud Barzani il suolo e l’acqua dell’Iraq… ed oggi loro sono rispettivamente il presidente dell’Iraq e il presidente della Regione autonoma del Kurdistan irq., grazie alla lotta che i due hanno continuato“.
– Come vede le elezioni in Turchia, previste per il 1 novembre? Riuscirà l’Hdp, con le tensioni in corso, a raggiungere il 13%?
“Le elezioni anticipate non rappresentano una novità. La mia previsione è che l’Hdp prenderà più voti rispetto elezione del 7 giugno. La guerra scatenata dall’Akp (il Partito per la Giustizia e lo Sviluppo di Erdogan, ndr.) ha riacceso i sentimenti nazionalistici dei curdi, che andranno a votare l’Hdp. D’altro canto ritengo che, nella situazione attuale, in generale i partiti che difendono l’accordo di pace otterranno più voti”.
– Parliamo dei curdi della Siria. Ultimamente sono state pubblicate notizie che danno la prossima apertura di uffici di rappresentanza del partito dell’Unione Democratica della Siria (Pyd) a Sulaymaniyya, con gli aiuti dell’Unione Patriottica. Che dice in proposito?
“Si, è una notizia fondata. D’altronde anche gli altri partiti curdo-siriani che vedono molti profughi nella regione del Kurdistan hanno aperto uffici a Duhok, Erbil e a Sulaymaniyya”.
dabbagh fuori– Salih Muslim, leader del Pyd, che è il principale partito curdo della Siria, ha dichiarato che suo partito, con il sostegno del Pkk, attualmente controlla tre cantoni nel nord-est della Siria, Kobane, Jazire e Efrin. Egli ha sottolineato più volte che curdi siriani non vogliono l’indipendenza e solo vogliono che siano riconosciuti i loro diritti nella Costituzione siriana. D’altronde vi sono diverse notizie che indicano una certa collaborazione fra i curdi siriani e l’esercito di Bashar al-Assad nella lotta contro l’Isis e gli altri gruppi terroristici ed anche di recente sono girate le immagini di una base militare dell’esercito siriano situata in un cantone curdo. La cosa ha ovviamente fatto infuriare il presidnete turco Erdogan. Lei ritiene che una tale collaborazione possa tornare utile alla stabilità della Siria? Ha avuto un ruolo di mediazione l’Unione Patriottica fra il Pyd e il governo siriano?
“Salih Muslim, come gli altri leader curdi, ha parlato dei desideri e la volontà del popolo curdo. E’ necessario arrivare ai diritti del popolo curdo attraverso la Costituzione e le leggi della Siria: i curdi sono impegnati in una cruenta battaglia contro l’Isis e gli altri gruppi estremisti, perchè i loro diritti siano strutturali e trovino il giusto riconoscimento giuridico. Personalmente non mi è mai capitato di sentire che il Puk abbia avuto un ruolo di mediazione fra i curdo-siriani e Damasco, dal momento che loro decidono in modo autonomo e sono liberi nelle loro scelte“.
– Alcune fonti riferiscono che il Puk abbia cercato di mettere in contatto l’Iran con il Pyd curdo. Indubbiamente il Puk rappresenta un alleato strategico di Teheran nel Kurdistan irq. … Possiamo dire che l’apertura degli uffici di rappresentanza del Pyd a Sulaymaniyya sia avvenuta grazie all’interessamento iraniano?
“Mi sorprende il numero delle domande sull’Unione Patriottica. Il Puk è orgoglioso di promuovere il processo di pace e di dialogo senza ostacoli. La realtà attuale mostra che il popolo curdo ha cercato attraverso i vari pariti di avere contatti con i paesi vicini. Come nel caso del Partito Democratico e dell’Unione Patriottica in Turchia e in Iran: è logico pensare che anche il Pyd voglia avere le sue relazioni con i paesi circostanti“.
– Il progetto della barriera che la Turchia vuole costruire lungo il confine del Kurdistan siriano e quindi, idealmente, del Pyd, può entrare in un tentativo di arginare i rapporti dei curdi siriani con il Pkk?
“Se guardiamo a Israele e agli altri paesi che si trovavano ad affrontare problemi simili, arriviamo alla conclusione che la costruzione dei muri può impedire la circolazione delle persone, ma non della volontà e della speranza. Il miglior modo di prevenire e di fermare i conflitti è dare attenzione e considerare i diritti e le esigenze delle popolazioni“.
– Tuttavia Fuad Eliko ex numero uno del partito siriano “Yekiti’’, ha affermato che “i peshmerga, vicini al presidente Barzani, sono pronti a collaborare con la Turchia nella costruzione della barriera per controllare le zone curdo-siriane”. Potremo assistere quindi ad uno scontro fra i peshmerga vicini a Barzani e il Pyd?
“Io ritengo che la cosa più importante di tutte sia l’unità delle forze della nazione curda. Qualunque cosa accada è importante che i peshmerga rimangano uniti. E’ necessario che tutte le questioni procedano in accordo e con il coordinamento dei partiti, e sarò contento di vedere che tutti i partiti potranno contare su una forza unica“.
Foto: nella prima Nazim Dabbagh oggi; nella seconda la distribuzione del popolo curdo su quattro nazioni; nella terza Dabbagh con Jalal Talabani ai tempi della rivolta dei curdi contro Saddam Hussein
Fonte:Notizie geopolitiche

Lascia il primo commento

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*