I nuovi equilibri fra il Pkk di Ocalan e la Turchia di Erdogan I ribelli curdi annunciano il

Aggiornato il 03/05/18 at 04:32 pm

di Alberto Tetta
Potrebbe essere l’inizio della fine. Di un conflitto armato durato 30 anni. Segnato da migliaia di morti, violenze, desaparecidos. Dopo tre decenni di guerra con l’esercito di Ankara i militanti del Partito…… dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) hanno infatti iniziato il proprio ritiro l’8 maggio 2013.ESODO VERSO IL KURDISTAN IRACHENO. Tra i 1.500 e i 2.500 militanti hanno avviato l’esodo verso il Kurdistan iracheno, dopo la negoziazione di un cessate il fuoco che pone fine a tre decenni di lotta per ottenere l’autonomia del Sud-Est della Turchia a maggioranza curda.DA ÖCALAN L’ANNUNCIO DEL PIANO. Ad annunciare il piano era stato lo stesso Abdullah Öcalan, nome in codice Apo, storico leader del Pkk che sconta dal 1999 una condanna all’ergastolo sull’isola-prigione di Imralı.UNA TAPPA DEL PROCESSO DI PACE. Il 21 marzo scorso a Diyarbakır, la più importante città curda, i suoi emissari avevano letto un messaggio che enunciava la prima tappa del processo di pace concordato direttamente con Hakan Fidan, capo dei servizi segreti turchi e fedelissimo del premier Recep Tayyip Erdoğan.
Si mette così fine a una guerra costata 40 mila vittime, per la maggior parte curdi, e segnata dall’uso sistematico della tortura, da centinaia di desaparecidos, da esecuzioni extragiudiziarie. Ma anche di villaggi fatti evacuare dall’esercito e dati alle fiamme, e di fosse comuni piene di uomini senza nome: figlie di una violenza iniziata nel 1984 e che adesso nessuno vuole davvero più sopportare. Il primo passo verso la svolta è stata “l’apertura democratica” promossa nel 2009 dal Partito della giustizia e dello sviluppo di Erdoğan.LA MARCIA INDIETRO DEL PREMIER. L’iniziativa durò poco: il tempo che il premier facesse marcia indietro, spaventato dal calo di consensi segnalato dai sondaggi, in un momento in cui il risentimento contro i curdi era ancora molto alto.LA NASCITA DI UN DIBATTITO. Il piano tuttavia marcò un’importante inversione di tendenza: ai curdi sono stati via concessi maggiori diritti linguistici e culturali e in Turchia è cresciuto poco alla volta un dibattito libero dai tabù del passato. Oggi la stragrande maggioranza della società turca appoggia la trattativa con i curdi e vuole la fine del conflitto. Sul fonte negoziale i contatti tra Abdullah Öcalan e Hakan Fidan, capo dei servizi segreti turchi (Mit) sono segretamente sempre seguiti, arrivando nel gennaio 2013 a una vera road map per la pace.ISTITUITA UNA COMMISSIONE DI SAGGI. A inizio aprile è stata istituita una commissione di saggi (63 in totale, nove per ogni regione della Turchia) composta da accademici, giornalisti, artisti e personaggi dello spettacolo. Il loro compito è promuovere il processo di pace, con incontri in tutto il Paese: una sorta di soft power itinerante.A OTTOBRE LA CONSEGNA DELLE ARMI. Nel frattempo, entro agosto dovrebbe essere completato il ritiro dei militanti curdi che si trovano in Turchia e a ottobre il gruppo curdo inizierà la consegna delle armi, da ultimarsi entro la fine dell’anno. Se il piano di pacificazione funzionasse, come si augurano tanto gli ispiratori quanto i curdi sparsi in tutto il Medio Oriente, sancirebbe probabilmente anche la fine del Pkk, l’organizzazione clandestina nata in una riunione “carbonara” a Lice, nei pressi di Diyarbakir, il 27 novembre 1978.IL MOVIMENTO STUDENTESCO DI ANKARA. Intorno al tavolo si trovarono allora quelli che sarebbero diventati i leader del partito, tra cui Abdullah Öcalan, già tutti ex-militanti del movimento studentesco di Ankara, doveva avevano studiato all’inizio degli Anni 70. Il gruppo, che aveva un’impostazione marxista-leninista poi persa negli anni, chiedeva l’indipendenza del Sud-Est della Turchia e la fine della repressione della comunità curda che conta 13,4 milioni di persone e costituisce il 17% della popolazione totale turca.
Dal 1984 l’escalation di violenza
L’inizio ufficiale della lotta risale al 15 agosto 1984, quando il Pkk aprì il fuoco contro l’esercito turco a Eruh, nei pressi di Şemdinli, uccidendo un soldato. Di lì in poi l’escalation della violenza. LE MILIZIE PARA-MILITARI CURDE. Nel 1987 l’esercito turco istituì lo “stato di emergenza” su parti sempre più ampie del Sud-Est della nazione, a maggioranza curda, e creò il sistema dei “guardiani di villaggio” imponendo ai curdi di formare milizie paramilitari anti-Pkk pena l’evacuazione del loro villaggio.I VILLAGGI DATI ALLE FIAMME. Più di 1.000 villaggi vennero evacuati e dati alle fiamme, 1 milione e mezzo di persone costrette alla fuga, migliaia tra politici locali, uomini d’affari, intellettuali, giornalisti, sindacalisti, studenti e attivisti furono uccisi e più di 4 mila soldati curdi persero la vita. L’apice si raggiunse nel 1993: il 24 maggio in un singolo attentato furono uccisi 33 soldati fermati a un posto di blocco sulla strada tra Elaziğ e Binğöl.ÖCALAN E IL PASSAGGIO IN ITALIA. L’arresto di Öcalan, nel 1999, dopo un passaggio in Italia durante il quale Massimo D’Alema gli negò lo status di rifugiato politico, segnò infine un punto di svolta. Il Pkk proclamò infatti un cessate il fuoco unilaterale che durò fino al 2004, ritirandosi in Nord Iraq. Per anni l’organizzazione ripensò la propria strategia, abbandonò l’idea dell’indipendentismo per darsi l’obiettivo più raggiungibile dell’autonomia del Sud-Est a maggioranza curda e la democratizzazione del Paese.UN NUOVO TIPO DI LOTTA. Ma dal 2005 le violenze sono riprese, e aumentate. Fino all’attuale piano di pace. «Dichiaro davanti a milioni di persone che è iniziata una nuova era. È tempo che tacciano le armi e parli la politica. È tempo che le nostre unità armate si ritirino fuori dai confini. Non è una fine, ma un inizio. Non è la fine della nostra lotta, ma l’inizio di un nuovo tipo di lotta. Una lotta fondata sulle idee, l’ideologia e la politica democratica», ha dichiarato lo stesso Öcalan, il 21 marzo, con un discorso destinato a entrare nella storia. Ora tocca a Erdoğan seguirlo, compiendo passi avanti decisivi nel processo di democratizzazione e concedendo alla comunità curda i diritti culturali e politici che chiedono da tempo.
Fonte: Lettera43
 

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