TURCHIA: TANTI “PICCOLI” GENOCIDI DIMENTICATI

Aggiornato il 18/06/21 at 10:13 am

di Gianni Sartori—- Pubblicato nel 2019, un libro di Anna Vera Sullam Calimani -“I nomi dello sterminio” – affrontava la questione della definizione corretta per quello che, più o meno indifferentemente, viene chiamato ora Genocidio, ora Olocausto o Shoah. L’indicibile, ignobile, efferato sterminio degli Ebrei (insieme a quello in contemporanea degli zingari) costituisce per certi aspetti un unicum, sia rispetto ad altri massacri di massa (Armeni, Indiani d’America, popolazioni della Namibia, Aborigeni australiani, Curdi…), sia per le modalità di pianificazione e organizzazione (un apparato burocratico al servizio di un meccanismo industriale ben funzionante, una perfetta catena di montaggio).

Se il termine Genocidio venne, come sembra, coniato dal giurista polacco Raphael Lemkin in epoca relativamente recente (1944), “Olocausto” veniva riportato dall’Oxford Dictionary ancora nel 1942. Per entrambi il riferimento alla distruzione del popolo ebraico era scontata. Tuttavia i due termini mantenevano una se pur minima ambiguità. “Genocidio” appare talvolta troppo generico, mentre in “Olocausto” permane una connotazione di tipo sacrificale (scontato che qui non avevamo a che fare con martiri e sacerdoti, ma piuttosto con l’esplica intenzione di distruggere un’intera popolazione. In quanto e perché tale).

Il termine “Shoah” invece (includendo anche il concetto di “desolazione assoluta”) sembra poter esprimere maggiormente l’unicità, la “singolarità storica” di tale crimine assoluto.

Senza per questo, ovviamente, pretendere di stabilire gerarchie o graduatorie assolute. E soprattutto senza voler minimizzare tante altre immense tragedie subite dai popoli del Mondo. In particolare quelli il cui genocidio non viene ancora riconosciuto. Se per gli Armeni negli ultimi anni qualcosa sembra essere cambiato con un parziale riconoscimento da parte dell’opinione pubblica (ma non certo dalle istituzioni turche), per altri esiste solo il perenne dimenticatoio.

Restando in Turchia, è questo il caso di oltre mezzo milioni di Caldei, Siriaci, Assiri e Aramaici che tra il 1914 e il 1915 vennero massacrati dagli Ottomani. Cosi come avvenne per i greci del Ponto e gli armeni.

Conosciuto come “Sayfo” (“spada” in aramaico) questo genocidio (spesso ignorato in quanto subito da minoranze) si svolse con particolare intensità nelle regioni di Tur, Abdin, Hakkari, Van, Adiyaman e Ourmia. Per loro sfortuna tali popolazioni (una presenza autoctona millenaria) vivevano entro i confini dell’Impero ottomano. Qui subirono massacri (uccisi in gran numero donne e bambini, ma anche molti capi comunitari e intellettuali), deportazioni, e una durissima islamizzazione. Mentre centinaia di chiese e monasteri vennero prima saccheggiati e poi dati alle fiamme o rasi al suolo.

Anche recentemente, a oltre un secolo di distanza, i discendenti di questi popoli hanno chiesto alla comunità internazionale di riconoscere il genocidio di Sayfo (o Seyfo).