Proteste in Tunisia: l’eredità della Primavera Araba?

Aggiornato il 28/01/21 at 08:35 pm

di Lisa Contini —– Con lo scoppio della Primavera Araba, 14 Gennaio 2011, l’autoritario presidente della Tunisia Zine Al Abidine Ben Ali venne destituito, lasciando il paese completamente in rivolta.

Oggi, dieci anni dopo l’inizio delle rivolte, la Tunisia viene nuovamente investita da tumultuose manifestazioni, scaturite principalmente dalle misure restrittive per contenere la pandemia, ma che in realtà riportano alla luce vecchie ferite e nuovi malcontenti. I protagonisti degli scontri più recenti, infatti, sono soprattutto giovani e adolescenti tra i 15 e i 25 anni che, attraverso atti irruenti e vandalici, hanno messo a ferro e fuoco alcune città nel paese nord-africano. «I politici hanno rubato i nostri sogni» è la frase che più si sente ripetere tra i manifestanti, secondo il quotidiano locale LaPresse.tn[1], poiché la maggiorparte di loro è insorta contro chi li ha privati del lavoro, della dignità e ha annientato i loro sogni post-rivoluzione. Ciò che, allora, è doveroso chiedersi in questo frangente riguarda proprio la Primavera Araba: è questa la sua eredità? Che cosa è veramente cambiato dopo 10 anni?

Anche se può risultare complicato, tentare di rispondere a questa domanda significa spiegare su che cosa si basano le proteste contemporanee, come mostra un articolo del The Washington Post «The Unfinished Business of the Arab Spring»[2] (Le Questioni in sospeso della Primavera Araba), titolo che non potrebbe essere più eloquente di così. L’odierna situazione in Tunisia non rispecchia quasi per nulla i motti proclamati dai rivoluzionari nel 2011, e cioè la richiesta di giustizia sociale, la rivoluzione del sistema politico e la fine della corruzione tra i principali leader dei partiti. Di fatto, questi tre punti fanno ancora parte delle ragioni per cui il popolo tunisino è in rivolta da più di dieci giorni, insieme alla frustrazione per l’alto tasso di disoccupazione e il ristagno economico aggravati dalla situazione pandemica. A questi sentimenti si aggiunge, allora, anche la consapevolezza che i grandi sogni e le speranze proclamate all’inizio della Primavera Araba hanno preso la forma di promesse fin’ora mai mantenute.

Nonostante ciò, secondo l’ex Presidente della Tunisia Moncef Marzouki (incarico dal 2011 al 2014) (in un’intervista pubblicata su AlJazeera[3]) vi sono anche molti risultati positivi che vale la pena sottolineare: «[…] Adesso la Tunisia è un paese libero, con elezioni libere e libertà di espressione; è stata inoltre abolita la tortura». L’ex Presidente ribadisce, poi, che «[…] C’è ancora molto lavoro da fare su tutti i fronti, pratendo da quello politico, passando poi al sociale e, infine, quello economico».

Sicuramente queste parole possono dare speranza e conforto a molti, ma non di certo alle migliaia di persone che sono scese in piazza e si sono battute (e tutt’ora si stanno battendo) per un futuro migliore.

[1] https://lapresse.tn/84931/les-jeunes-mecontents-et-criant-leur-detresse-les-politiques-nous-ont-vole-nos-reves/

[2] https://www.washingtonpost.com/world/interactive/2021/arab-spring-10-year-anniversary-lost-decade/

[3] https://www.aljazeera.com/program/featured-documentaries/2020/12/19/moncef-marzouki-has-the-tunisian-revolution-succeeded